Terremoto e Twitter: le gaffe del marketing

Su Twitter le gaffe di Groupalia e altre aziende che hanno approfittato del terremoto per fare marketing, raccogliendo però lo sdegno degli utenti.
Terremoto e Twitter: le gaffe del marketing
Su Twitter le gaffe di Groupalia e altre aziende che hanno approfittato del terremoto per fare marketing, raccogliendo però lo sdegno degli utenti.

Il terremoto emiliano ha certamente coinvolto Twitter in molti modi, spesso utili. Per questa ragione era giusto non occupare spazio nelle stesse ore raccontando gli effetti collaterali di questo flusso, per rispettare per primi il nostro invito a un uso responsabile del web. Oggi però possiamo riflettere su alcuni esempi di social-marketing discutibili e dagli effetti disastrosi che si sono fatti notare nelle ore del sisma. È il caso, ad esempio, di Groupalia, che nel pieno dell’emergenza ha postato un tweet destinato a scatenare polemiche durissime e, purtroppo, a non restare neppure isolato.

Erano le 10.29 quando l’account della società che si occupa di proposte per il tempo libero (compreso i viaggi) ha postato un tweet che gli americani definirebbero un “banana skin”: «Paura del #terremoto? Molliamo tutto e scappiamo a #SantoDomingo!». Era passata un’ora e mezza dalla scossa che ha fatto tremare tutto il Nord Italia. È bastata una risposta di un utente, MatteoBianx, per scatenare, tramite i re-tweet, una vera ondata di sdegno che ha prodotto un hashtag, #defollowgroupalia col quale la comunità dei 140 caratteri ha puntato il dito contro l’azienda e il suo stile di marketing evidentemente poco rispettoso (o quanto meno poco attento) del dolore delle vittime del sisma.

Il tweet di Groupalia

Il tweet di Groupalia

Come capita spesso in queste occasioni, la toppa è peggio del buco. Così, trovatosi al centro del mirino, Groupalia ha prima cancellato il post, poi ha chiesto scusa, infine avvisato che avrebbe destinato dei fondi per i luoghi terremotati. Mossa non sufficiente, perché la formula iniziale (un euro per ogni deal) sembrava anch’essa spingere per l’utilizzo dei servizi della società. Soltanto quattro ore dopo sono arrivate su Facebook (un caso?) le scuse ufficiali del Country Manager per l’Italia, Andrea Gualtieri:

Sono davvero costernato per quanto accaduto e chiedo scusa alla popolazione colpita dal sisma per averla offesa. Si è trattato di un gesto irresponsabile dettato principalmente da superficialità e inesperienza. La catastrofe che ha colpito la popolazione dell’Emilia Romagna non può e non deve ovviamente essere strumentalizzata; è una disgrazia che merita tutto il nostro rispetto.

Mi scuso ancora e, per esprimere vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite dal terremoto, l’azienda ha deciso di effettuare una donazione alla Croce Rossa Italiana, da destinare alle persone coinvolte nel sisma.

Inoltre, pubblicheremo nei prossimi giorni un deal solidale, per chiunque voglia essere di aiuto e fare una propria donazione.

Spiegazioni finalmente esaustive e convincenti, anche se tardive. Nel frattempo, almeno altre due società si distinguevano per la medesima pratica: Prenotable e Brux Sport sfruttavano il trend topic sul terremoto, in quelle ore convoglianti un flusso eccezionale di tweet, per inserire le loro promozioni.

tweets-marketing-terremoto

Altri tweets biasimati dagli utenti come marketing senza scrupoli

Com’è possibile che un’azienda dedita al marketing sociale caschi in un effetto boomerang così grossolano? Riccardo Petrantoni, giovane imprenditore milanese titolare di Prenotable, intervistato da Linkiesta sull’accaduto adopera due termini identici a quelli di Gualtieri: «superficialità» e «team». La responsabilità sarebbe quella dei team che si occupano della presenza social del marchio e di una loro una certa leggerezza. Spiegata (per modo di dire) anche dal fatto che la seconda forte scossa doveva ancora venire e il peggio sembrava alle spalle.

Una riflessione è d’obbligo: che preparazione hanno gli addetti al marketing delle nuove aziende italiane? Sanno davvero far convivere le regole della comunicazione con la netiquette? E che tipo di preparazione viene richiesta e soprattutto quanto viene pagata? Da qui si intuirebbe il livello di professionalità e l’attenzione riposta a questo ambito, spesso considerato più un esperimento forzato che un impegno radicato.

Forse casi di questo tipo insegnano ancora una volta che in questo paese ad essere superficiale è l’atteggiamento complessivo del mondo produttivo rispetto ai social network. È importante prendere sul serio la diversa reattività degli utenti rispetto ai più rassicuranti «consumatori», altrimenti lo scivolone è dietro l’angolo. E può far male.

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