La salute di Larry Page è giocoforza diventata motivo di dibattito attorno al mondo Google. E, a prescindere dal necessario rispetto per la persona e la sua privacy, non potrebbe essere altrimenti. Mentre è ancora ben viva la parabola di Steve Jobs, del silenzio attorno ai suoi problemi di salute culminati con un prematuro decesso, la conferma di un qualche non meglio precisato problema per Larry Page lascia in tensione appassionati ed azionisti, tutti interessati (per motivi differenti) a capire cosa stia succedendo.
Il dubbio si è acceso nel momento in cui Eric Schmidt si è trovato a dover presenziare all’assemblea annuale degli azionisti scusandosi con i presenti per l’assenza di Larry Page, impossibilitato ad essere presente a causa di una temporanea afonia. Sebbene la cosa sia stata accettata provvisoriamente come scusa plausibile, in seguito alcuni indizi hanno lasciato spazio a dubbi maggiori e ad ipotesi peggiori: e se lo stato di salute di Larry Page fosse in realtà peggiore di quanto il team di Mountain View non lasci intendere?
L’indizio principale è l’improvvisa assenza di Page dagli aggiornamenti pubblici su Google+: dopo i 6 update del mese di maggio, infatti, giugno è passato senza alcun nuovo status e soltanto il 23 giugno, in concomitanza con le ipotesi attorno alla salute del CEO del gruppo, nuovi contenuti sono stati caricati sulla sua pagina. Il che, però, sembra equivalere più ad una conferma che non ad una smentita del fatto che qualcosa di più serio di un semplice mal di gola possa essere accaduto. Come sempre, poi, le malelingue trovano facile contesto nelle situazioni in cui non vengono fornite spiegazioni plausibili alle evidenze: in questo caso la situazione esatta di Larry Page non è stata spiegata e le peggio ipotesi possono dunque prendere il largo senza ostacolo alcuno.
«Non ho niente di serio», avrebbe spiegato Page con una e-mail ai dipendenti di Mountain View, ma anche in questo caso non v’è spiegazione alcuna all’accaduto. E l’incertezza è destinata a lasciare il segno.
Con l’approvazione della mozione di split azionario discussa durante l’ultimo incontro con gli azionisti, Larry Page e Sergey Brin (i due fondatori di Google) hanno riservato per sé maggiorato potere, stabilendo un nuovo equilibrio che lascia intatta la situazione, ma che consente ai due proprietari del gruppo di proseguire negli investimenti senza mai mettere a repentaglio la propria situazione. L’approvazione sarebbe avvenuta in presenza di non pochi dubbi poiché un colosso simile nelle mani di due sole persone appare a parte della proprietà un modus operandi fragile e pericoloso. Di fronte a questa nuova realtà, anche solo una semplice afonia (da dimostrare) accompagnata da dubbi e silenzi può diventare serio motivo di preoccupazione poiché in assenza di Page verrebbe a mancare uno dei due pilastri su cui il motore di ricerca ha costruito il proprio impero.
Schmidt da parte sua ha voluto tentare di sgombrare il campo da qualsivoglia dubbio: la salute di Page non è un pregiudizio al proseguimento nei suoi incarichi alla guida del gruppo: nulla di così serio da imporre rapidi sovvertimenti nel top management. Parole, però, che non bastano di certo a rasserenare l’ambiente: anche per Jobs, del resto, non si parlò mai di sostituzione, ma nel frattempo furono eseguite due importanti operazioni chirurgiche al pancreas prima ed al fegato poi, con l’avvicendamento siglato (direttamente per mano di Jobs), soltanto in extremis.
Larry Page deve qualche risposta, ma se non le ha fornite fin da subito è probabilmente a causa di qualcosa che al momento non può ancora essere riferito, in attesa di sviluppi. Probabilmente l’attenzione sul problema consiglierà ora al team di Page ad una maggior attenzione sull’ostentazione di buona salute del CEO, ma soltanto spiegazioni chiare e definitive potranno fugare ogni incertezza. Per gli azionisti è questione di denaro, per gli appassionati è questione di affetto: la voce di Larry Page ha scritto un capitolo fondamentale della storia del Web ed ora il Web vuol tornare a sentire quella voce quanto prima.
Come stai, Larry?