Anche per l’iPhone 5 si è fin qui consumato il rito complesso e reiterato che già da anni accompagna il disvelamento di un prodotto Apple. Si inizia da una ipotesi, si prosegue con i rumor. I rumor iniziano quindi a farsi sempre più circoscritti, in taluni casi si smentiscono a vicenda ed in altri si confermano. Arrivano anche le prime immagini, accompagnate dallo sforzo di fantasia dei primi mockup. Si giunge così alle ultime ore, quando Apple sembra raccogliere i fili del discorso per riprendere in mano la situazione.
La natura dei rumor
Ma era una situazione soltanto apparentemente sfuggita di mano. Mai, in realtà, Apple sembra subire l’orda dei “leak”. Il gruppo si trincera nel silenzio e dietro il proprio immobilismo apparente v’è invece una capacità innata i tenere sotto controllo gli eventi. L’impronta di Jobs, oggi indelebilmente incisa nelle fondamenta del gruppo di Cupertino, continua con il nuovo melafonino a confermare la propria efficacia secondo modalità proprie del gruppo, della propria filosofia, del proprio marketing. Del proprio DNA.
Il tutto avviene a passi successivi, ripetuti, uguali nel tempo: dettaglio per dettaglio, il prodotto viene delineato nella fantasia degli utenti e svelato poco alla volta come fosse una sorta di piccolo sogno che va realizzandosi. Lo schermo, la definizione, il touchscreen, il profilo, i pulsanti, le batterie, le componenti interne, la scocca, i materiali: tasselli virtuali che gravitano nell’immaginario e che soltanto il CEO, nel contesto di una keynote, ha la possibilità di ricondurre ad una composizione definitiva.
Soltanto alla fine il gruppo sveglia tutti dall’intorpidimento causato dalle ipotesi per trasformare il sogno in realtà, improvvisamente, nel giro di una sola presentazione. Ed è questa una strategia che, sia pur se ormai reiterata decine di volte, si dimostra collaudata ed efficace poiché colma di vantaggi e di significati.
La gioia del concepimento
Come una sorta di maternità che viene vissuta dall’intera community, il nuovo pargolo della famiglia viene concepito con mesi in anticipo, viene sbirciato da immagini raffazzonate e poi viene presentato in fasce per fare ascoltare a tutti il primo vagito tra la gioia collettiva. Un rito materno che sembra peraltro una consegna ad ognuno di quello che è ormai qualcosa che fa parte del sé: chi desidera l’oggetto e cede al meccanismo, poco per volta interiorizza una necessità a cui l’oggetto darà risposta una volta disponibile. Si anela ad averlo ben prima di averlo visto e questo fa parte del paradosso efficace su cui la Apple costruisce il proprio successo: si desidera prima ancora di conoscere e si compra prima ancora di aver acquistato.
Tale strategia ha peraltro importanti vantaggi anche in termini di tempistica. Attenta agli errori di quando Steve Jobs, prima di tornare nel gruppo dopo l’allontanamento, presentava il NeXTSTEP per poi portarlo sul mercato soltanto molto tempo più tardi, la Apple ha in seguito affinato le proprie tempistiche per avvicinare quanto più possibile l’annuncio e la disponibilità sul mercato (ed in parallelo ha avvicinato la caratura delle promesse al tenore delle novità, così da non lasciare mai insoddisfatta la fame procurata dall’attesa). In questo caso tra annuncio e distribuzione passeranno a quanto pare negli Stati Uniti appena 9 giorni (21 settembre) e poco più nel resto del mondo (5 ottobre). Le prenotazioni saranno subito disponibili però, così che la chiusura del rito e l’emotività dello show finale scaturiscano naturalmente nel click che chiude il cerchio.
Altre aziende vedono svanire l’effetto emotivo poche ore dopo la presentazione poiché il prodotto rimane nel limbo per mesi prima di apparire sugli scaffali: Apple sfrutta invece questi mesi per stuzzicare e nutrire l’attesa, ben sapendo che il piacere dei fans è anche (e soprattutto?) in questa continua danza di corteggiamento.
La mela della seduzione
Tutto è seduzione, e non poteva essere altrimenti per un gruppo il cui simbolo è una mela. L’oggetto si svela con un vedi-non-vedi continuo e sensuale che cattura l’occhio e l’istinto. Baudrillard avrebbe probabilmente molto da dire in proposito, poiché i richiami simbolici ad un rito di natura sessuale sono molteplici: il ciclo fatto di seduzione, maternità e concepimento, infatti, è fatto di immagini arcaiche declinate ai nuovi orizzonti del mercato. E funziona.
Il nuovo iPhone 5, così come per i prodotti precedenti del gruppo, saprà polarizzare e segmentare il mercato, incuriosendo chi se ne distacca per meglio legare chi vi si avvicina. Una seduzione fatta di ipotesi, di un oggetto che si nega e che nei vari passaggi del rito assume una soggettività, una personalità ed una simbologia propri. Averlo o non averlo, acquistarlo subito o non acquistarlo subito. Il marketing conosce ormai alla perfezione i meccanismi scatenati da questo processo e sa pilotarne i flussi sulla base di solide certezze: non c’è prodotto che fidelizza più di un iPhone, non c’è prodotto che cattura più attenzione di un iPhone e non c’è prodotto che fin dalla sua attesa generi tanto fermento. E tutto ciò occupando per mesi i canali delle comunicazioni, lasciando così ai contendenti volumi minori e di minor prestigio.
Dopo mesi di rumor e di immagini “trafugate”, il rito si sta ora per chiudere. La celebrazione non sarà più nelle mani di Steve Jobs, ma come già per l’iPhone 4S sarà tutto sotto il controllo del più algido e formale Tim Cook. Scenografia, canovaccio e design rimangono però a firma di chi ha inventato questo modo di annunciare il prodotto, la sua arte e la sua tecnologia. Rimangono a firma di chi, sperimentando per tutta la vita un preciso modo di “essere”, ha inculcato nella propria azienda un preciso modo di “fare”.
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