Il dibattito sulla protezione del diritto d’autore accende sempre gli animi, polarizza spesso le posizioni e quando vincono le posizioni estreme sembra impossibile trovare una soluzione. Da tempo Neelie Kroes, la battagliera responsabile dell’Agenda Digitale Europea e vice presidente della Commissione, insiste per lavorare a una riforma del copyright che contemperi il riconoscimento dei contenuti con l’investimento nella conoscenza, e il summit a Lisbona su Innovazione e Proprietà intellettuale è stata occasione per ribadire tali concetti.
“Steely Neelie” non manca certo di franchezza nelle sue considerazioni, a partire da una valutazione obiettiva degli strumenti in mano agli organismi sovranazionali, quanto meno obsoleti. E se si vuole rispondere ai cambiamenti imposti dalla tecnologia, non si può che partire dallo riscrivere le norme basate su strutture del passato:
L’ultimo grande strumento sul diritto d’autore nell’Europa unita è la Direttiva sul Copyright adottata nel 2001. Le proposte della Commissione si basavano su lavori risalenti al 1998. Nel 1998, Mark Zuckerberg aveva 14 anni. Oggi, quasi un miliardo di persone in tutto il mondo usano attivamente Facebook, che ha inventato lui, per condividere foto, video e idee. Nel 1998, YouTube non esisteva. Oggi, un’ora di video caricati ogni secondo. Nel 1998, la maggior parte delle persone ascoltava musica alla radio, su CD o nastro. Ora i download digitali spesso superano le vendite tradizionali. Le nuove tecnologie consentono il download o lo streaming, facilmente, immediatamente, ovunque tu sia. Non solo per ascoltare passivamente, ma per interagire e dare un feedback, ai creatori e gli amici.
Ma i cambiamenti non si limitano al business, influenzano tutti i settori. Enormi cambiamenti hanno avuto luogo nel settore della ricerca. Oggi, nuove scoperte scientifiche non solo provengono da nuovi esperimenti, nuovi farmaci, nuove sperimentazioni cliniche: siamo in grado di ottenere nuovi risultati manipolando i dati esistenti.
Apprezzabile la piccola cronistoria della Kroes, e anche la puntualizzazione sulla ricerca medica, estremamente attuale, oggi, in Italia, grazie al caso di Salvatore Iaconesi, noto blogger ed esperto di informatica che ha pubblicato sul suo blog tutta la documentazione medica sulla sua malattia, denunciando il nonsense dell’utilizzo di software di protezione per dati sensibili che sono, con ogni evidenza, tanto utili quanto più diffondibili in un’area di conoscenze e pratiche.
La riflessione della responsabile dell’Agenda Digitale ovviamente non si ferma qui e, anzi, parte da questo assunto per spiegare un concetto importante: tornare a pensare a cosa serve il copyright, rivederlo per magari scoprire che avevamo dimenticato il suo significato ben prima dell’avvento della Rete, che in un certo senso può rappresentare un’opportunità per ideare licenze multiterritoriali, superare i confini dei limiti di formato e di accessibilità (tipici degli anni pre-Internet, soprattutto nei supporti ottici). Insomma, se la proprietà intellettuale ha ancora senso – e ce l’ha – nel 21° secolo, deve servire a stimolare la creavità, l’arte delle nuove generazioni, non di quelle che a questa rivoluzione non hanno partecipato.
Mi chiedo: le attuali norme di diritto d’autore sono favorevoli alla ricerca scientifica potenzialmente salva-vita? Rendono più facile o più difficile per le persone caricare nuovi contenuti creativi? E sono il modo migliore per stimolare la creatività e l’innovazione?
Come possiamo aspettarci investimenti stranieri se, in pratica, hanno a che fare con 27 diversi set di regole? Come possiamo aspettarci di competere con piattaforme americane? Come aiutano queste restrizioni a migliorare la nostra economia? Come stanno aiutando la diversità culturale? Come aiutano gli artisti? Come stanno aiutando la pirateria?
In breve, il mondo è cambiato, e sta cambiando ancora. Il cambiamento è rapido, è profondo ed è una grande opportunità per il settore creativo.
Qualche idea. La prima: un mercato digitale europeo. Quel silicon continent a cui pensa per superare il frazionamento. Seconda: il copyright paghi, in qualche modo, l’innovazione e la crescita economica. Un processo di cambiamento che lasci alle spalle gli argomenti passionali e assuma una visione pragmatica.