Il 19 settembre 1982 è nato un sorriso. È nato spontaneamente, formalizzato nel codice linguistico di chi ai tempi popolava l’embrione di Internet. Nacque con un messaggio che, senza troppe velleità, lanciava una proposta che immediatamente è stata accettata poiché in grado di sprigionare un enorme valore comunicativo: una proposta vincente perché semplice, economica, condivisibile, chiara e potente. Tremendamente potente.
Quel 19 settembre di 30 anni fa nacquero le faccine. Le hanno battezzate “smiley“, le hanno chiamate “emoticon“. Tutti le conosciamo meglio come due-punti-trattino-parentesi: “:-)” e “:-(” e ne abbiamo già digitate a migliaia come espressione comune e parte integrante del nostro codice linguistico.
L’idea di Scott Fahlman
Il click è avvenuto alle ore 11.44 del 19 settembre 1982 e l’autore del messaggio era tale Scott Elliot Fahlman, professore di informatica presso la Carnegie Mellon University. Non era quella la prima volta che una faccina faceva capolino online, ma era quello un momento decisivo poiché per la prima volta una consuetudine che andava imponendosi è diventata regola, tassello formalizzato. L’usanza si è fatta struttura. In un attimo una pratica emergente è diventata elemento di un linguaggio collettivo ed è per questo che a Fahlman ne viene accreditata l’invenzione: senza il suo messaggio le emoticon si sarebbero potute perdere, o forse qualcun altro ne avrebbe colta l’importanza, ma in ogni caso quel mattino è stato proprio il prof. Fahlman ad inviare il messaggio e a dare il via ad un nuovo simbolo che oggi compare in miliardi di email, status, post ed SMS in tutto il mondo.
Scott E. FahlmanRicercatore presso il Language Technologies Institute and Computer Science Department della School of Computer Science (SCS) presso la Carnegie Mellon University. Il suo nome è scritto nella storia del linguaggio e della tecnologia come l’inventore delle emoticon.
Leggi l’intervista“Penso che la prima “emoticon” in inglese sia probabilmente il punto esclamativo” |
Le emoticon odierne, icone colorate e spesso animate, sono un derivato dell’idea originale e per molti versi stravolgono l’idea stessa di Fahlman. Le faccine, del resto, sono una espressione che si annida più nell’istinto che nella logica e per loro stessa natura si fanno sfuggenti rispetto alle regole e liquide rispetto alle convenzioni: cambiano e si adattano in base all’uso, libere da qualsivoglia formalismo. Tuttavia la regola di Fahlman ha dato i natali all’idea, ha avviato la convenzione ed ha sancito un elemento nuovo di scambio nelle comunicazioni degli internauti. Da allora le emoticon si sono fatte spazio nel linguaggio e lo hanno plasmato. Creando danni, secondo alcuni; arricchendolo, secondo altri.
Nella sua proposta, Fahlman portava avanti una idea molto precisa: le emoticon avrebbero dovute essere due, differenziate dalla parentesi: :-) e :-(. La prima emoticon avrebbe dovuto essere simbolo di spensieratezza, un sorriso che doveva sottolineare lo spirito giocoso e leggero di quel che si stava andando a scrivere/leggere. Per contro, la seconda emoticon avrebbe dovuto esprimere serietà, mettendo da parte la giovialità per qualcosa su cui non si intende scherzare. Questa dicotomia è però presto caduta: soltanto la faccina “:-)” è diventata regola, mentre tutte le altre ne rappresentano oggi una sfumatura differente. “:-(” oggi non allude più ad una accezione seriosa uguale e contraria all’omologa icona con il sorriso, ma assume una vera e propria accezione triste trovando dignità ed autonomie proprie. Poi il punto e virgola ha sostituito i due punti creando l’occhiolino, il trattino del naso è sparito per accelerare le procedure e le combinazioni si sono fatte infinite.
Oggi con la sola punteggiatura è possibile tratteggiare centinaia di volti stilizzati, centinaia di espressioni con cui disseminare i propri scritti. Ma tutto partendo da quei due punti fermi, quelle prime due emoticon che un professore ha deciso di adottare e proporre ad una community universitaria. Una community che presto è fuoriuscita dall’ambito originale e che oggi è popolata da miliardi di persone in tutto il mondo.
E non si parli a Fahlman delle faccine circolari, animate e colorate, che popolano oggi instant messenger ed applicazioni di ogni tipo: le emoticon di nuova generazione sono qualcosa di ulteriore, diretta derivazione dell’idea che fu. Ma sono icone che scavallano l’idea del testo che si fa emozione e passano al tratto grafico. Si spingono oltre, snaturando l’idea originale. Pur rendendola più efficace, da cui la progressiva sostituzione che oggi rende il termine “emoticon” più vicino alle faccine rotonde e gialle che non ai “due punti trattino parentesi” del 1982. E Fahlman sembra mal digerire l’evoluzione avvenuta, frutto impuro dei principi originali.
Il reperto
Il messaggio che ha ufficialmente dato i natali alle emoticon è il seguente:
19-Sep-82 11:44 Scott E Fahlman :-)
I propose that the following character sequence for joke markers::-)Read it sideways. Actually, it is probably more economical to mark things that are NOT jokes, given current trends. For this, use :-( |
La risposta che giunse dei colleghi appare oggi quasi paradossale: non capendo la portata dell’icona e preferendo i formalismi del linguaggio tecnico, in molti si affrettarono ad una controproposta quale * per i messaggi scherzosi e % per i messaggi seri. L’evidenza dimostra quanto il linguaggio umano non possa essere “codificato” come fosse semplice programmazione; altre proposte decadute tentarono la via del # come simbolo della dentizione durante una risata; la quotidianità sui bullettin della Carnegie Mellon ha infine promosso rapidamente la proposta del prof. Fahlman. Che oggi è storia.
Fahlman non sembra nemmeno pretendere per sé alcuna priorità, ricordando come il fenomeno fosse emergente che di sua sponte ha soltanto tentato di rendere strutturale l’idea formalizzandone la proposta ed il significato. C’è chi addirittura fa risalire a Lincoln la prima emoticon, c’è chi invece ne attribuisce l’idea a chi già alcuni anni prima di Fahlman ne faceva uso sporadico e al di fuori di qualsivoglia convenzione. Tuttavia la proposta di Fahlman ha un valore superiore, decisivo: ha dato origine ad un simbolo oggi usato da miliardi di persone e ne rappresenta la scintilla primordiale.
Se oggi c’è traccia di quanto accaduto ai tempi, e se è possibile dare una datazione precisa al messaggio con cui Fahlman ha dato i natali alle emoticon, è grazie ai ricercatori Microsoft. Un team di Redmond guidato da Mike Jones (nel 1982 alla Carnegie Mellon), infatti, si è preso la briga di sbobinare lunghi backup per trovare l’origine prima dell’idea, consentendo così di dare una paternità alle emoticon ed una data precisa ai libri di storia del linguaggio e della tecnologia.
Il messaggio di Fahlman consente di inquadrare il momento in cui il linguaggio online ha iniziato una sua precisa evoluzione, trovando nelle emoticon un passo fondamentale che a distanza di 30 anni dimostra forza immutata. Disporre del messaggio originale consente oggi di attribuire a Fahlman l’idea ed al 19 settembre 1982 il momento esatto in cui la sostanza ha preso forma: l’emoticon iniziava ad avere un ruolo ed una struttura precisa poiché, trovato un accordo collettivo sulla sintassi, le faccine sono entrate de facto all’interno di una grammatica non dichiarata ma universalmente riconosciuta.
L’importanza
Se fossero parole, sarebbero le uniche utilizzabili in qualsiasi lingua. Questa peculiarità delle emoticon è infatti eredità del loro ruolo, a metà tra segno grafico e icona. Un po’ parola e un po’ disegno, diventando di fatto il punto di incontro naturale tra la scrittura e la trasmissione verbale faccia a faccia. Nell’emoticon l’utenza cerca di riassumere quello che nella realtà è comunicato con prossemia, microespressioni facciali, movimenti, sguardi, sorrisi. Le faccine avvicinano pertanto gli interlocutori e rendono più intima una conversazione. Tutto si fa più personale, colloquiale, perdendo la formalità propria dello scritto per spostarlo in un’area comunicativa differente. Un campo parallelo fatto di convenzioni ammorbidite.
Secondo una scuola di pensiero ampiamente rappresentata, le emoticon sono una sorta di “degrado” della scrittura. Opinione condivisibile se si considera la scrittura una “elevazione” dell’oralità, ignorando l’oralità di ritorno e tenendo in considerazione soltanto il passaggio dalle tradizioni orali del passato antico alla moderna forma di pensiero formattata attorno al modello della scrittura, delle lettere, delle parole, del testo.
Le emoticon, in quanto strumento a disposizione di chi ne fa uso, non si pongono il problema soggettivo di ciò che determinano: semplicemente, hanno la capacità di cambiare il senso di un testo semplicemente dandovi una direzione. Tutto come prevedeva Fahlman: un sorriso per stemperare i toni, una faccina per alleggerire il clima, una emoticon per evitare fraintendimenti.
Se il degrado della parola in icona sembra far scadere l’arte e la dignità del segno, a supporto delle emoticon giungono le parole di Pirandello in “Uno, nessuno, centomila“:
Le mie sopracciglia parevano sugli occhi due accenti circonflessi, ^ ^, le mie orecchie erano attaccate male, una piú sporgente dell’altra […]
Eccola, l’emoticon, comparire in uno dei classici della letteratura italiana, sdoganata con leggerezza al fianco di una spiegazione formale: il segno grafico si fa descrittivo, la punteggiatura si fa icona. E tutto ciò senza subire l’orda di alcun degrado dell’opera, anzi. Se di deriva si vuol parlare, occorre far riferimento eventuale ad un eccesso di emoticon, al ricorso all’icona nei casi in cui non si sa fare adeguato uso della parola per descrivere una emozione o un atteggiamento. Ma a tal proposito interviene la velocità della scrittura a schermo e la sua accezione più di “parlato” che non di “scritto” a far da scusanti: una dimensione di mezzo, una terra di nessuno, un compromesso di regole ed approcci che richiede regole e tolleranze proprie.
Oggi le emoticon possono essere lette ed interpretate secondo molteplici punti di vista. Ci hanno provato in molti, molto si è scritto sull’argomento, ma in occasione del trentennale non si ambisce ad altro se non a sottolineare l’importanza di un dettaglio tanto pervasivo quanto quello delle faccine. La loro diffusione, infatti, è emblema stesso della piattaforma sulla quale miliardi di persone comunicano oggi: la Rete, la cui lingua comune è fatta di “slash” e di “http”, di click e di link, ma anche di grassetti, corsivi ed emoticon. La loro presenza costante in chat ed aggiornamenti di status (nonché sugli sms) è una forza che si sprigiona dalla necessità di concentrare quanta più comunicazione possibile in un numero quanto più piccolo possibile di caratteri. Grande significato in poco tempo e poco spazio. Nell’istantaneità il simbolo esplode il proprio significato e le emoticon trovano in questo contesto il loro ruolo naturale.
Per capire davvero le emoticon, forse, non bisogna però nemmeno studiarle: la loro natura rifugge un atteggiamento troppo didascalico. Non vanno lette con la mente, perché sarebbe come tentare di interpretare scientificamente uno sguardo. Il loro significato si legge con l’istinto, si capisce con la pancia. Le emoticon parlano a qualcosa di più recondito del pensiero, quasi facendo da sostrato. Operano nell’alveo delle emozioni, ed è lì che occorre cercarne un collocamento.
Ne abbiamo parlato direttamente con Scott Fahlman, colui il quale 30 anni fa propose la prima “:-)“.
L’intervista – Scott Fahlman
Si ricorda del 19 settembre 1982? Cosa stava facendo allora e perché scrisse quel messaggio, quel giorno?
Ad essere onesto, non ricordo del tutto quel giorno. Allora non pensavo che il mio messaggio a proposito di :-) e :-( sarebbe stato tanto importante. Solo un gioco sciocco di 10 minuti, mandato agli amici online e dimenticato. Non ho mai tenuto copia di quel messaggio, ed è stato difficile recuperarlo quando finalmente abbiamo capito che quel piccolo messaggio ha iniziato qualcosa di grande e duraturo. Sebbene io e molti dei miei colleghi ricordassimo il messaggio originale, non ne conoscevamo la data finché non trovammo il messaggio nei nostri archivi venti anni più tardi. Fui sorpreso del fatto che l’ora fosse quasi a mezzogiorno, normalmente mi intrattenevo in conversazioni giocose verso le nove, ma penso che fossi nel mio ufficio alla Carnegie Mellon, durante un break tra un meeting e un altro o qualcosa di simile.
Cosa farà il 19 settembre 2012? Come ha cambiato la sua vita quel messaggio?
Avremo probabilmente una piccola celebrazione dell’anniversario al campus Carnegie Mellon, ma non abbiamo grossi progetti in merito ancora. Il cambiamento nella mia vita a seguito di quei 10 minuti scherzosi, trenta anni più tardi, non è poi così cambiata, ma alcune persone mi considerano oggi una piccola celebrità. La gente che ho conosciuto da poco sente questa storia e dice “Wow! Sei il tipo delle emoticon! Conosco una persona famosa!”. Giornalisti italiani e di altri paesi mi hanno contattato ed ho anche avuto una foto su Vogue. Questo ha causato non poca ironia all’interno del campus visto che sono una delle persone al mondo meno attente alla moda
A parte i classici :-), :-( e ;-), quali emoticon preferisce e perché?
Queste sono davvero le uniche che uso. La gente ha creato molte variazioni usando semplici caratteri ASCII, incluse alcune lunghe e complesse. Sono cose simpatiche, ma non le usiamo per comunicare perché devi sempre spiegare che la figura significa che “Babbo Natale e il Papa mangiate sono mangiate da un pitone” o qualunque cosa sia. Non uso le varianti senza naso :) e :(, per me sono come rane. E odio le piccole faccine a faccia circolare tanto comuni oggigiorno.
Usa abitualmente le emoticon quando chatta online?
Difficilmente chatto online. Uso le emoticon nelle email ogni giorno.
In Italia chiamiamo spesso le emoticon “faccine”. Ma “emoticon” sembra voler significare qualcosa di più complesso: non solo “faccia”, ma qualcosa di meno fisico e più emozionale. Cosa ne pensa?
Ho sempre chiamato
:-)
“smiley”. Qualcun altro (non saprei chi) ha creato il nome “emoticon”. Credo che sia utile avere un termine generico per tutti questi simboli che esprimono qualche sorta di emozione nel testo. Ma non reclamo l’invenzione di “emoticon” perché ci sono varie accezioni di questo termine. Penso che la prima “emoticon” in inglese sia probabilmente il punto esclamativo. E’ un segno tipografico che esprime qualche tipo di emozione (eccitazione?) ed è vecchio centinaia di anni.
Possiamo dire che :-)
sia l’evoluzione dell’idea dietro a “LOL”, “ROTFL” ed altre espressioni di questo tipo?
Non propriamente. Penso che LOL sia venuto dopo, o almeno non ne ho mai sentito parlare prima che Internet fosse pubblicamente disponibile negli anni ’90. Nelle prime email qualcuno scriveva “<-
Joke!
” se doveva fare commenti non seriosi, ma questa non è la stessa cosa. E penso che alcune abbreviazioni quali IMHO (“in my humble opinion”, “secondo la mia modesta opinione”) e sicuramente ASAP (“as soon as possibile”, “il più velocemente possibile”) siano più vecchie delle email.
“Forse le faccine nelle email hanno più degradato che non migliorato le nostre comunicazioni”. Non pensiamo sia così. Piuttosto, pensiamo che le emoticon abbiamo evoluto il linguaggio ed offerto un lato umano al semplice testo. Le emoticon parlano direttamente con le emozioni così come il volto è in grado di cambiare il senso di una parola.
Sono d’accordo che siano utili. Sono un modo veloce e pigro di convertire le mozioni in testo, ma a volte velocità e pigrizia sono la miglior soluzione
Veloci, semplici, dialogiche, spontanee: possiamo dire che le emoticon siano state l’inizio della dimensione “social” del Web?
Fin dalle reti primitive prima ancora del 1982, abbiamo avuto una attività sociale molto attiva online. Sono state soltanto un’utile forma di stenografia
Le emoticon sono qui, ma tutto il resto è cambiato: preferisce l’Internet di oggi o l’Internet del 1982?
Internet è oggi molto più di quanto non abbiamo mai sognato nel 1982, infinitamente migliore. Ho tutta la conoscenza del mondo a portata di mano, divertenti video da guardare, e posso scambiare messaggi con chiunque nel mondo (e con frequentemente). Ricordo a volte la pace e la tranquillità di quelle vecchie reti, nelle quali tutti su un dato sistema erano parte di una comunità locale di accademici e geek. Ma non tornerei a quella realtà.
Interview – Scott Fahlman
Do you remember 19 september 1982? What were you doing and why did you write that message?
To be honest, I really don’t remember that day at all. I didn’t think my message about :-) and :-( was a big deal at the time. Just ten minutes of silly play — send it to friends online and forget it. We didn’t even save a copy of the message, and it was hard to retrieve when we finally realized that this little message had started something big and long-lasting. While I and many of my colleagues remembered the original message, we didn’t know the date until we dug up that old message from our archives, twenty years later. I was surprised that the time-stamp was around noon — usually I engage in silly conversations like that late at night, but I guess I was in my office at Carnegie Mellon, taking a break between meetings or something like that.
What are you doing on 19 september 2012? And how your original message about emoticons change your life?
We’ll probably have a little celebration of the anniversary on the Carnegie Mellon campus — we haven’t made a lot of plans yet.
The change in my life due to this playful ten minutes, almost thirty years ago, has not been very dramatic, but some people think I’m a minor celebrity now. People I have known for a few weeks may hear about this and say “Wow, you’re that emoticon guy! I know someone famous!” Journalists from Italy and many other interesting places contact me, and I even got my picture in L’Uomo Vogue. That caused a lot of humor on our campus, since I’m one of the least fashion-conscious people on the planet.
Except for classic :-) , :-( and ;-) : which emoticon do you like most and why?
Those are really the only ones I use. People have made up many variations using simple ASCII characters, including some very long and complicated ones. Those are fun, but we don’t use them for communication, since you always have to explain that the picture is “Santa Claus and the Pope being eaten by a python” or whatever it is. I don’t like the “noseless” variants :) and :( — to me they look like frogs. And I really hate the little round circle-faces that are so common now.
Do you usually write emoticon when you chat online?
I hardly ever use chat online. I do use the smileys in Email, maybe a few every day.
In Italy we usually call emoticons as “faccine” (literally: “little faces”). But “emoticon” seems to express something more: not only “face”, but something less physical and more emotional. What do you think about it?
Well, I always called the :-) a “smiley”. Someone else (unknown, I think) made up the name “emoticon”. I guess it’s useful to have a generic term for all of these little symbols that express some kind of emotion in text. But I’m careful not to claim that I invented “the emoticon”, since there are so many different definitions of that term. I think that the first “emoticon” in English is probably the exclamation mark — it’s a typographical symbol that expresses some kind of emotion (excitement?), and it’s hundreds of years old.
Could we say that :-) is an evolution of the idea behind “LOL”, “ROTFL” and other expressions like these?
Not really. I think that LOL came later — at least, I never saw it before the Internet became available to the general public in the 1990s. In early Email we did sometimes say “
“Perhaps the E-mail smiley face has done more to degrade our written communication than to improve it”. We don’t think so. Rather, we think emoticon goes ahead and give a human side to the simple text. Emoticons talks directly with the emotions like a face is able to change the sense of a word.
I agree that it’s useful. It’s a quick and lazy way to convey emotion in text, but sometimes quick and lazy is the best solution.
Smart, simple, dialogic, spontaneous: could we say that emoticons was the beginning of the “social” dimension of the Web?
Even on the very primitive networks prior to 1982, we still had a very active social community online — several of them, in fact. This was just a useful shorthand.
Emoticons are here, but all the rest is changed: do you prefer today’s Internet or the Internet of 1982?
The Internet today is more than we could ever have dreamed of in 1982 — infinitely better. I have all the world’s knowledge at my fingertips, amusing videos to watch, and I can exchange messages with anyone in the world (and frequently do). I do sometimes long for the peace and quiet of the old networks, where everyone on a given system was part of your local community of academics and computer geeks. But I wouldn’t want to go back to that.