L’iPhone 5 e altri device costruiti da piccole mani che dovrebbero tenere in mano biro e quaderni. L’ultimo scandalo della Foxconn, l’ormai famigerata azienda cinese che fabbrica le componenti per la Apple (ma anche Microsoft, Hewlett Packard ed altri gruppi) è ancora una volta clamoroso: minori sulle linee produttive. La notizia è uscita dopo i consueti controlli in una fabbrica a Yantai, nella Cina nord-orientale, dove sono stati impiegati alcuni «tirocinanti» di età compresa tra 14 e 16 anni, che avevano lavorato presso il campus per circa tre settimane. Foxconn aveva spiegato, inizialmente, e candidamente, che si trattava di un «piccolo numero di stagisti inviati dalle scuole». Ma le scuse non hanno tardato ad arrivare.
Quattordici anni, infatti, sono troppo pochi per la catena di montaggio, stage oppure no, secondo le leggi cinesi (peraltro, anche quelle del buon senso). Difficile, inoltre, non pensare male se si considera che questi tirocini sono stati utilizzati nel periodo massimo di richiesta di device per l’uscita del nuovo smartphone e prossimi a quella dell’iPad mini: anche se è bene specificare che al momento il China Labor Watch, artefice dei report di controllo di queste fabbriche, non è in grado di specificare se sono stati utilizzati per costruire device Apple oppure di altre marche. In ogni caso, Foxconn ha calcolato il fabbisogno extra di operai stagionali in 50 mila unità.
La Foxconn ha subito emesso un breve comunicato condito da una dura presa di posizione:
I dipendenti Foxconn che, attraverso la nostra indagine, risulteranno responsabili di queste violazioni verranno licenziati seduta stante. Siamo consapevoli che la piena responsabilità per queste violazioni spetta alla nostra azienda e abbiamo chiesto scusa a ogni studente per ciò che abbiamo permesso che capitasse.
Ormai il rapporto tra la Apple e questa azienda, di proprietà della taiwanese Hon Hai Precision Industry, sta diventano molto delicato dal punto di vista dell’immagine e anche delle relazioni industriali. In questo momento, ci sono circa 300 mila persone coinvolte direttamente o meno dalla Foxconn, operai che in questi due anni hanno raccontato al mondo il loro disagio attraverso gesti estremi: suidici, violente proteste e scioperi sfociati in risse. A tutto ciò si aggiunge ora l’ombra dello sfruttamento minorile.
È pur vero che è stata la società di Cupertino ad avvallare per trasparenza questi controlli, ma se devono servire a compilare dei cahiers de doléances sempre più lunghi, senza che questo comporti qualche decisione diversa e radicale, molto presto si dovrà tornare a scrivere un’altra storia, simile a quest’ultima.
Update
La Foxconn, nel prendere atto dell’errore compiuto, ha precisato tuttavia che nessun minore ha mai lavorato nelle catene di montaggio legate alla produzione Apple. Il problema è imputabile pertanto al gruppo orientale, ma su prodotti differenti da quelli di Cupertino: l’iPhone 5 è in questo caso del tutto estraneo alla vicenda.