Fumata nera all’Eliseo tra il presidente François Hollande e Eric Schmidt, presidente esecutivo di Google, che come un ministro degli esteri è arrivato a Parigi per aprire un dialogo sulla questione Google News e la paventata legge che applicherebbe una tassa sui link indicizzati. Come previsto, le posizioni al momento sono molto rigide, e soprattutto distanti.
La trattativa tra Google e gli editori è stata utilizzata da Hollande con la strategia del bastone e della carota. A quanto sembra, Hollande avrebbe detto a Schmidt «trovate un accordo entro la fine dell’anno, altrimenti procederemo con la legge», e Big G avrebbe risposto «se questa è una minaccia per farci pagare le notizie che linkiamo, eviteremo di indicizzarle». Non propriamente un buon avvio del dialogo, che è peggiorato – come era plausibile – quando l’uomo di Google arrivato sotto la Tour Eiffel ha in seguito incontrato il ministro della Cultura Aurelie Filippetti, che se possibile è ancora più rigida nei confronti del colosso californiano e in generale verso le società della Rete. Tanto che in una intervista radiofonica prima dell’incontro, avvenuto ieri sera, ha ribadito due concetti limpidamente pro legge speciale:
Non dobbiamo pensare che tutte le lotte contro i giganti di Internet sono una causa persa. […] Io penso sia normale che i grandi motori di ricerca contribuiscano a finanziare la stampa.
Non potrebbe pensarla più diversamente la sua collega all’Innovazione, Fleur Pellerin, che sta facendo il possibile affinché la trattativa arrivi a una conclusione soddisfacente per le parti. E che attualmente sembra in minoranza.
In Francia, dunque, si sta affrontando una vera e propria trattativa diplomatica – forse la prima di questo genere, a questo livello di popolarità – tra uno Stato classicamente inteso e una società privata che per ricchezza e potenza vale uno Stato, su di un argomento a cui guardano con ansia tutti gli altri.
L’eventuale rottura tra Google e i francesi porterebbe, infatti, a una situazione di stallo e peggiorerebbe di molto i rapporti tra i detentori di proprietà intellettuale e il motore di ricerca più famoso del mondo; se invece si dovesse trovare un accordo, è probabile che in breve Germania, Italia (firmatari di un appello congiunto in tal senso) e altre nazioni seguirebbero a ruota. Ma su quale base, se Google rifiuta di immaginare di spartire una fetta degli introiti pubblicitari prodotti dai numeri derivanti – anche – dalle ricerche e dal flusso delle news?
L’alternativa, messa in campo da Hollande, è una legge del Parlamento francese che comporti degli oneri per gli aggregatori di notizie online. Anche se è difficile stabilire quanto davvero il governo socialista creda a questa chance oppure stia bluffando.