È bastato un calo in borsa, con prezzi per azione rimasti comunque a cifre da capogiro, per scatenare l’inferno tra gli investitori. Qualche giorno fa gli analisti di Wall Street si dimostravano dubbiosi sul presente e sul futuro di Apple, oggi squillano le sette trombe dell’Apocalisse: l’azienda sarebbe in declino, il fallimento immediato, la malattia terminale conclamata. Ma dove nasce questo corteo funebre anticipato? E, soprattutto, si tratta di preoccupazioni lecite viste le vendite record del periodo pre-natalizio, che spingeranno Cupertino a un Q4 da sogno?
A scatenare l’inferno è un editoriale di Paul Sagawa, dal titolo programmatico “Può un Leopardo cambiare le sue macchie?”, dove viene presentato uno scenario da film horror per le sorti dell’azienda. A destare preoccupazione non è l’assenza di Steve Jobs – la direzione Cook sta dimostrando di sapersela cavare più che egregiamente – quanto la cannibalizzazione da parte dei competitor. Come, l’azienda che ha saputo risorgere dalle proprie ceneri per dominare il mercato, rischia di morire a causa della concorrenza?
La visione di Sawaga, analista di punta di Sector & Sovereign Research, è diretta e spietata: Apple ha dominato il primo decennio degli anni 2000, ma rischia di non arrivare agli anni ’20. La concorrenza è agguerrita, Cupertino non riesce a tenere il passo, Android la sotterrerà:
«Apple è al bivio. Dopo aver dominato la prima decade del millennio, la rivoluzione Apple ha cominciato a ritorcersi contro i suoi creatori. iPhone, con il suo unico update annuale e il suo prezzo premium, è stato atterrato dal dietro da un gruppo di rivali con prodotti più segmentati, cicli di produzione di sei mesi e prezzi aggressivi. I telefoni Android ora superano gli iPhone 5 a 1 e iPad si avvia sullo stesso percorso, esacerbato dalla volontà della concorrenza di spartirsi le vendite dei device per approfittare dell’e-commerce e dell’advertising. Allo stesso tempo, la user experience si sta spostando dai device alla nuvola, a discapito di Apple contro i suoi accorti rivali».
Si tratta di un’opinione lecita, ma al lettore attento non sfuggirà l’impressione di essere di fronte a un calderone mediatico dove gettare qualsiasi ingrediente per ottenere la posizione magica del fallimento della Mela. Per prima cosa, il calo di Apple è fisiologico e non sta determinando una situazione di pericolo per l’azienda. Le azioni difficilmente sarebbero rimaste a lungo prossime alle soglia dei 1.000 dollari ciascuna e, con l’allargamento del mercato, è più che normale che le vendite si distribuiscano fa più produttori anziché su uno solo. 583 dollari per azione, cifra aggiornata al 29 ottobre, rimane comunque un dato che gran parte delle società quotate a Wall Street si sognano, compresi gli stessi competitor elogiati da Sawaga. In effetti Morgan Stanley si dimostra tutt’altro che preoccupato per le sorti della Mela, lanciando nuove previsioni record per il 2013. Poi, il fatto che Android venda con proporzione 5 a 1 rispetto a iPhone è un’indicazione valevole solo a fini puramente generici. È assolutamente vero: il robottino verde domina il mercato. Ma è anche vero che Android è distribuito da una miriade di prodottori diversi – contro la singola Apple – e nel computo numerico entrano anche smartphone da 50 dollari che davvero poco, pochissimo, hanno da spartire con il melafonino. Se il confronto si effettua su device Android di sola fascia alta, la forbice si restringe, pur rimanendo positiva per il sistema operativo di Big G. Infine, il ciclo di vita di soli sei mesi non è una sempre una caratteristica vantaggiosa per il mercato: l’esempio del nuovo iPad è recentissimo – sostituito a sei mesi da iPad 4 – così come sono recentissime le proteste accese dell’utenza e il conseguente contraccolpo in borsa derivante da questa decisione. D’altronde, come qualsiasi esperto Apple potrà confermare, l’utenza targata Mela è ben diversa rispetto a quella degli altri produttori, perché proprio abituata alla longevità dei dispositivi piuttosto che ai cambi continui, vissuti come “poco rispettosi”.
Su un punto, però, Sawaga potrebbe avere ragione: Cupertino sembra ultimamente essersi adagiata un po’ troppo sugli allori. Nonostante l’ottimo 2012 in fatto di vendite, iPhone 5 e iPad Mini non sono stati così breakthrough in termini di innovazione. iPhone 5 è un ottimo prodotto, inserito però nella tradizione già esistente del melafonino più che sulla strada della rivoluzione. iPad Mini è sicuramente un device affascinante, ma proprio Apple non avrebbe dovuto scivolare sul Retina Display. Certamente più intriganti sono le linee iPod – la quinta versione di iPod Touch ha un design splendido e gioca su forme e materiali tutti nuovi – e Mac, basti pensare al sottilissimo nuovo iMac. E il 2013 sarà l’anno di un prodotto davvero rivoluzionario in senso stretto: iTV. Insomma, vi è sicuramente un assestamento. Ma, come Steve Jobs ebbe già modo di dire anni fa citando Mark Twain, “the reports of my death are greatly exaggerated”.