L'Agenda Digitale va al voto di fiducia

Respinti tutti gli emendamenti, la Commissione della Camera approva la versione del Senato: l'Agenda Digitale va al voto di fiducia al fil di lana.
L'Agenda Digitale va al voto di fiducia
Respinti tutti gli emendamenti, la Commissione della Camera approva la versione del Senato: l'Agenda Digitale va al voto di fiducia al fil di lana.

“Questa settimana ce la ricorderemo”: così ha twittato Alessandro Fusacchia, l’uomo che più di tutti ha creduto e promosso il progetto sulle startup del ministro Passera, una delle parti rilevanti dell’intera Agenda Digitale che ha corso seriamente il rischio di cadere all’ultimo miglio prima del traguardo. L’unica vera chance per l’approvazione secondo i termini era che la Commissione Attività Produttive della Camera rinunciasse agli emendamenti e approvasse a scatola chiusa la versione approvata in Senato il 6 dicembre. E così è stato: poco fa la Commissione ha convalidato il testo senza modifiche. Ora per l’Agenda la strada è ancora irta di pericoli, ma è in discesa.

La politica ha resistito alla tentazione di far saltare il banco e ha preferito la logica ben espressa da Paolo Gentiloni, che pure dall’alto del suo contributo al Testo Unificato, pressoché ignorato nel decreto del governo, ha commentato salomonicamente durante i lavori:

Punto di vista sofferto, che non ha mancato di alimentare qualche distinguo, come quello dell’onorevole Deborah Bergamini (Pdl) che in Commissione, prima del voto, ha espresso tutta la sua delusione:

Il provvedimento in esame rispeccha solo in minima parte il recente lavoro svolto dalla Commissione trasporti nell’elaborazione del testo unificato in materia di agenda digitale. Il disegno di legge in oggetto manca, infatti, di una visione di insieme, giacché reca una serie di misure parziali che, per quanto utili, non consentono di realizzare l’obiettivo di fondo ossia quello di avvicinare il più possibile l’agenda digitale nazionale a quella europea.
Pur riconoscendo che il provvedimento reca alcune misure positive in materia di digitalizzazione della pubblica amministrazione, di sviluppo della posta elettronica certificata, di sanità digitale – con l’introduzione del fascicolo sanitario digitale – rilevo come vi siano poche disposizioni in materia di commercio elettronico e pochissime in materia di inclusione digitale, ancorché si tratti di un tema di fondamentale interesse per l’Italia, posto che una parte consistente della popolazione per ragioni strutturali o culturali non ha accesso alla rete.Deborah Bergamini

Il testo (QUI) è esattamente quello uscito dalla commissione in Senato, con pregi e difetti. Tra questi ultimi, vengono rimandate di un anno (al 2015) le adozioni dei libri digitali nella scuola, non sono integrati gli elementi del testo di legge approvato alla Camera su e-commerce e alfabetizzazione informatica, non ci sono fondi per la banda larga (aspetto molto negativo).

Tra gli aspetti positivi, maglie più larghe nei criteri sulle startup. L’emendamento del Senato modifica l’oggetto sociale, per cui lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico può essere un aspetto prevalente e non più esclusivo. Inoltre, vengono semplificati anche l’accesso alle agevolazioni per le assunzioni di personale.

Certo, rispetto a quanto si sarebbe potuto fare – almeno considerando i propositi dello stesso governo in primavera – è una possibile legge monca derivante da un decreto monco. Tuttavia mai come in queste ore, a ridosso della fine di legislatura, si può affermare che la metà di qualcosa è meglio del totale di niente.

Il conto alla rovescia per il testo, ora, guarda all’approvazione in aula, che probabilmente arriverà al fil di lana, cioè il prossimo 18 dicembre. Il governo ha posto la fiducia sul decreto crescita. L’Agenda Digitale perciò è nelle mani del Pdl e alla sua di volontà o meno di votare il decreto o sfiduciare ancora il governo.

Aggiornamento (12 dicembre)

I tempi saranno ancora più veloci. Oggi voto di fiducia e giovedì l’approvazione del testo. Così rivela Paolo Gentiloni:

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