Google torna in aula per difendersi dalle accuse che, in passato, hanno già portato il gruppo ad una condanna di primo grado a causa di un video divenuto tristemente famoso su Google Video, quella che era la repository video dell’azienda prima dell’avvento di YouTube. Il video conteneva immagini di maltrattamento nei confronti di un ragazzo autistico da parte dei suoi compagni di scuola: il fatto risale al 2006, quando il filmato girato con un telefonino in un istituto torinese è finito sulle pagine della piattaforma ed è stato visualizzato da oltre 5.000 persone prima di essere rimosso.
Una vicenda che ha fatto e farà discutere, non tanto per il comportamento degli studenti coinvolti condannato da tutte le parti in causa, ma perché ha portato alla luce un problema riguardante i servizi che consentono l’upload di materiale UGC (user-generated content), ovvero generato dagli utenti. Secondo la giustizia italiana il gestore del sito dev’essere ritenuto responsabile per i contenuti caricati, ed è chiamato ad applicare filtri o altre misure capaci di impedire la diffusione di immagini come quelle finite al centro della disputa. Google si difende dichiarando che è impossibile controllare in tempo reale le clip e che la decisione del giudice rappresenta un grave rischio per la libertà della Rete.
Due posizioni condivisibili e contestabili al tempo stesso, a seconda dei punti di vista. Laura Bertolé Viale, sostituto procuratore generale di Milano, ha però richiesto la conferma per la sentenza di primo grado inflitta nel febbraio 2010 a David Drummond (ex presidente del CDA e legale di Google Italy), George Reyes (ex membro del CDA di Google Italy) e Peter Fleischer (responsabile policy sulla privacy per l’Europa di Google).
Non solo è stata violata la privacy di un minore, ma sono state date lezioni di crudeltà a 5.500 navigatori. I dirigenti di Google hanno omesso il controllo per generare profitto.
Queste le parole del PG al termine della seduta, peraltro oggetto di immediata replica da parte di Giulia Buongiorno, legale della difesa:
Come è emerso chiaramente dalle indagini della polizia giudiziaria non vi era alcun messaggio pubblicitario connesso a Google Video e pertanto Google non ha tratto alcun profitto da questo o altri video
Google ha espresso peraltro da parte sua una posizione estremamente lineare nel tempo a difesa del proprio operato (peraltro nel frattempo l’azienda ha implementato nuove misure di controllo e nuovi sistemi di collaborazione per l’identificazione di video di particolare problematicità). Queste le parole di Giorgia Abeltino, Policy Manager di Google in Italia, a margine della seduta odierna:
Come abbiamo sempre detto, ci sentiamo vicini al ragazzo, vittima di un atto di bullismo in quel video riprovevole. I bulli, responsabili per la violazione della sua privacy, sono già stati puniti. Confidiamo che nel processo d’appello verrà dimostrata l’innocenza dei nostri colleghi