Un fondo speciale, una struttura per la promozione e l’internazionalizzazione, voucher di cofinanziamento, iniziative di crowdfunding, attrazione di capitali, di sensibilizzazione. Milano si è candidata a capitale delle startup con un documento, firmato prima di Natale dall’assessorato alle Politiche per il lavoro, Sviluppo economico, Università e ricerca e dalla Camera di Commercio, frutto del lavoro di un team di dieci esperti del mondo dell’innovazione.
La Carta di Milano capitale delle startup analizza il contesto milanese, nei suoi punti di forza e debolezza. Tra i primi, si trovano il contesto finanziario, il forte tasso di imprenditorialità, la presenza già importante di incubatori e di spazi di coworking. Le startup milanesi sono più di 27 mila, di queste più di un terzo è costituito da giovani di meno di 35 anni. Le debolezze tuttavia non mancano e la carta impegna i sottoscrittori a cercare di colmarle: la carenza di capitali a livello nazionale, il costo alto degli affitti, l’attrattività della vicina Svizzera, la mancanza di una messa a sistema dell’ambiente operante attorno alle imprese tecnologiche impediscono alla provincia milanese, una delle più attive e ricche, di esprimersi appieno.
La carta stabilisce un metodo (rarità in questa fase) e alcuni obiettivi di diverso grado. Alcuni subito attuabili, come creare un sito in inglese sulle migliori startup, oppure mini-grant a supporto degli incubatori internazionali; altri obiettivi, invece, meritano più tempo, ma sono anche i più importanti dato che riguardano possibili azioni in materia di diritto commerciale e tributario.
L’ecosistema startup italiano, infatti, è al momento una chimera. Per fare un esempio, soltanto da pochi giorni è disponibile la Guida nazionale per l’iscrizione delle startup al registro delle imprese. Una sezione speciale che secondo la legge 221 è demandata alle Camere di Commercio. Tutto l’aspetto della semplificazione prevista nella legge non è stato chiarito, tanto che al momento si pensa a convenzioni e intermediazioni per oliare il rapporto tra questo genere di nuove imprese e l’Agenzia delle Entrate.
Insomma, la Carta di Milano ha il pregio di porsi delle questioni molto pratiche, che naturalmente non dimenticano le risorse economiche: è prevista la creazione di un Fondo di Fondi supportato da enti pubblici e fondazioni del territorio che partecipi in Società di Investimento, oppure che investa direttamente, secondo la logica del pari investimento pubblico/privato oppure fornendo garanzie sul capital loss.
La dimensione minima auspicata per tale Fondo di Fondi dovrebbe permettere l’allocazione di circa 20 milioni l’anno per il territorio milanese. Considerando un periodo d’investimento di cinque anni, la taglia totale del fondo sarebbe di 100 milioni.