Steve Jobs aveva ragione. È quel che balza alla mente leggendo le news degli ultimi giorni, con cui si apprende la volontà dei produttori di abbandonare la produzione dei netbook, i computer da tasca che tanto hanno spopolato alla fine del primo decennio del 2000. Piccoli e molto leggeri, i netbook hanno sempre sofferto di scarsa performance e poca potenza, tanto da essere presto rimpiazzati dai ben più versatili tablet. E, secondo gli analisti del settore, la loro scomparsa prematura – ma a quanto pare per nulla rimpianta – vedrebbe Apple come il serial killer designato.
Al culmine del successo dei netbook, la Mela si era fortemente opposta a una simile evoluzione tecnologica. Steve Jobs ha più volte ribadito il suo totale rifiuto nell’immettere sul mercato un computer dalle bassissime performance, perché lontano dall’esperienza d’utilizzo che gli utenti si attendono da Apple. E ha più volte sottolineato come la concorrenza – in particolare quella del mondo Windows – con i netbook abbia erroneamente interpretato i desideri del pubblico. Con il senno di poi, non si può di certo dire che l’ex iCEO non sia stato lungimirante.
L’esplosione dei netbook è derivata da due precisi orientamenti dei consumatori: il desiderio di spendere relativamente poco per sfruttare il computing mobile e la necessità di uno strumento versatile per le attività di rete quotidiane, come la navigazione in Internet, l’invio di una mail oppure la visione di un breve video in streaming. L’industria ha risposto con questi computer dalle piccole fattezze – raramente si superano i 10 pollici di diagonale a schermo – dotati di processori poco potenti, pochissima RAM e di versioni tagliate con l’accetta dei sistemi operativi più famosi, primo fra tutti Windows 7. Il risultato è stato un lamentio continuo da parte dei clienti – spesso impossibilitati anche solo ad accedere a un filmato su YouTube per penuria di risorse hardware – e il progressivo abbandono di questi computer. Per approdare, però, sui ben più accoglienti lidi di Apple prima e di Android poi.
Cupertino ha cavalcato – e distrutto – l’onda dei netbook con due innovazioni che han pienamente risposto alle esigenze di quel pubblico deluso dai piccoli computer da taschino. La prima è stata l’introduzione, nel 2008, di MacBook Air: un laptop leggerissimo e sottile, campione di portabilità, dotato di una potenza di elaborazione pari a quella dei laptop classici. Con MacBook Air, tuttavia, non si è risposto al problema della soglia di prezzo, ben più alta rispetto ai notebook. L’altra innovazione, quella che effettivamente ha ammazzato i notebook, è l’introduzione di iPad. Con iPad la Mela è stata capace di offrire un device estremamente versatile, di facilissimo trasporto e dalle performance che i laptop da tasca – in particolare quelli Windows 7 – ancora oggi si possono sognare. Già dalla sua prima versione, iPad è apparso un device estremamente fluido, semplice da utilizzare, lontanissimo dalla lentezza dei netbook. Certo, su iPad non vi è un sistema operativo in stile desktop, ma all’utenza tipica di questi computer non è affatto importato. L’intuizione geniale di Apple ha quindi guidato il resto dell’industria, che ha deciso di investire sui tablet – si pensi al variegato mondo Android e all’emergente comparto di Windows 8 – abbandonando definitivamente la produzione di computer dalle risorse sottostimate. E di oggi la conferma: molte aziende li hanno già rimossi dai loro listini. È quindi ufficiale: Apple ha ucciso i netbook.