Nella giornata di ieri si è parlato del viaggio che Eric Schmidt, ex CEO e attuale chairman Google, starebbe per affrontare nella Corea del Nord, in compagnia del diplomatico Bill Richardson. Una notizia trapelata da fonti rimaste anonime, non ancora confermata dai diretti interessati, ma che è giunta ai piani alti del governo USA, tanto da spingere Victoria Nuland, portavoce del Dipartimento di Stato, a pronunciarsi sulla questione.
Il parere espresso sulla trasferta è negativo. Che i rapporti tra gli Stati Uniti e il paese asiatico siano difficili non è certo un mistero, anche in seguito alla scomparsa di Kim Jong-il e alla salita al potere del giovane figlio Kim Jong-un, che proprio nei giorni scorsi ha tenuto un discorso di fine anno in cui sembrerebbe lasciar intravedere spiragli di apertura verso i territori confinanti e le istituzioni straniere. Le parole di Nuland sono piuttosto dure e hanno come obiettivo quello di prendere le distanze da qualunque sia l’obiettivo del viaggio.
Francamente, pensiamo che il momento non sia dei migliori. Schmidt e Richardson sono a conoscenza di questo nostro punto di vista. Sono privati cittadini che prendono le proprie decisioni e viaggiano senza alcun ruolo ufficiale, non accompagnati da ufficiali americani. Non stanno portando alcun messaggio da parte delle istituzioni statunitensi.
Le motivazioni della trasferta non sono ancora state confermate, ma le prime ipotesi parlano di un tentativo finalizzato alla liberazione di un cittadino americano, Kenneth Bae, trattenuto dalla Corea del Nord per un non meglio precisato crimine commesso dopo il suo ingresso nel paese avvenuto il 3 novembre scorso. Lois Kim, portavoce della divisione coreana di Google, ha dichiarato telefonicamente che la società non rilascia alcun commento sugli spostamenti privati dei suoi uomini chiave.
Sembra piuttosto improbabile che le ragioni di Schmidt possano essere in qualche modo legate al business di bigG: dei circa 25 milioni di abitanti solo qualche migliaio ha accesso a Internet, mentre per la maggior parte di loro è a disposizione una rete interna al paese i cui contenuti sono strettamente controllati dagli organi governativi. Resta dunque valida l’ipotesi umanitaria, ma anche in questo caso non si ha a disposizione alcuna informazione ufficiale.