Il suo nome è Internet of Thing Consortium. Il suo scopo è quello di permettere all’uomo di dialogare con gli oggetti che gli stanno attorno. La sua finalità è quella di veicolare gli investimenti in questo settore. La sua importanza è strategica per capire quali aziende si muoveranno per prime e quali poli andranno a contendersi la rete di domani, quella in cui il dialogo non sarà esteso al solo rapporto macchina utente, ma anche alle interpolazioni tra macchine ed all’interattività di ogni qualsivoglia oggetto.
Verrà un giorno in cui non si dialogherà soltanto con i nostri tablet ed i nostri smartphone, ma anche con molti altri oggetti attorno ad ognuno di noi. Dialogheremo con il frigorifero per capire se ci sono prodotti in scadenza da consumare; dialogheremo con le tapparelle per capire a quali orari sia consigliabile dar luce ai locali; dialogheremo con l’antifurto per monitorare a distanza l’abitazione; dialogheremo con i sensori di riscaldamento per gestire nel migliore dei modi la temperatura; dialogheremo con l’impianto elettrico per gestire in modo intelligente i carichi; dialogheremo con il pc, ovviamente, ma anche per compiti differenti da quelli odierni. Un dialogo del genere va però ancora protocollato e gli sforzi per indirizzare gli investimenti debbono ancora prendere il via su larga scala.
Nasce per ora un consorzio, un modo per dar forma agli intenti e portare avanti un impegno:
L’Internet of Thing Consortium è una organizzazione non-profit con l’obiettivo di facilitare la cooperazione tra fornitori di hardware, di software e di servizi. L’IoT Consortium è focalizzato su quei dispositivi abilitati all’accesso alla rete e e relativi a servizi software che mettono direttamente in contatto l’utenza con forme di automazione domestica, intrattenimento e produttività. Uno degli obiettivi del consorzio è fare in modo che miliardi di dispositivi connessi possano beneficiare della comunicazione con altri device e servizi.
Il consorzio avrà sede a San Francisco e ad oggi raccoglie all’interno del polo fondatore gruppi quali Basis, Coin, Active Mind Technologies, Kease, Control Tv, Logitech, Ouya, Poly-Control, Smart Things e Ube. Capofila del progetto è Jason Johnson, già impegnato nel Wireless VoIP Consortium. Nelle sue mani v’è una grande responsabilità: riuscire a calamitare gli sforzi delle parti coinvolte all’interno del medesimo orizzonte, dando una direzione sola allo sviluppo degli standard e facilitando l’incontro tra le parti per capire ove si annidino le migliori opportunità.
Del resto il futuro è tracciato: nelle abitazioni di domani l’uomo potrà dialogare con il televisore così come con l’automobile, e l’abitazione stessa potrà dialogare con i vari device utilizzandoli come sensori o periferiche di un ecosistema vasto, complesso e ricco. Lo smartphone potrebbe diventare uno degli snodi fondamentali della domotica di domani, ma l’Internet delle cose va anche oltre: l’uomo diventa l’ombelico di un processo organico complesso e strutturato nel quale meccanismi automatici e preordinati si attivano per migliorare le condizioni di vita, per ridurre i consumi, per facilitare compiti di routine, per ottimizzare i tempi ed altro ancora.
C’erano una volta un pc, un mouse ed un utente: nel prossimo futuro già si sa che questo piccolo ecosistema è destinato ad esplodere per diventare qualcosa di molto più vasto ed affascinante. La nascita del consorzio e la presenza di nomi altisonanti è il primo segno di una industria che ha capito che è venuto il tempo di muoversi.