Le luci rosse su App Store sono lontane dall’essere spente. Continua senza tregua la polemica tra Apple e gli sviluppatori per i contenuti per adulti presenti sul negozio di Cupertino, materiali su cui i developer non hanno diretto controllo perché user-generated. E così non si placa la soap opera che vede contrapposta la Mela, pronta all’epurazione dell’erotismo in qualsiasi sua forma, a un universo di ignari sviluppatori. La seconda puntata della serie vede sempre protagonista Vine, il network di condivisione di brevi video, costretto da Cupertino a trasformarsi in app +17.
La questione è annosa ed è nata qualche settimana fa con l’esclusione dallo store di 500px, un network di amanti della fotografia incentrato sullo scambio di immagini. Alcuni utenti hanno deciso di utilizzare il software per lo sharing di scatti per adulti, un fatto questo su cui i developer non hanno avuto possibilità di intervenire direttamente, se non con dei filtri spesso fallaci. Apple però, anziché recepire come gli sviluppatori possano fare gran poco qualora gli utenti decidessero di utilizzare un’app in modo diverso rispetto a quello per cui è stata pensata, ha punito la softwarehouse eliminandola da App Store. Dopo pochissimi giorni, è stato il turno di Vine: gli utenti più maliziosi hanno incominciato a condividere video pruriginosi sfruttando i più creativi hashtag e, nonostante l’introduzione di filtri, i creatori non sono riusciti ad arginare completamente il fenomeno. E, così, Apple ha deciso di intervenire direttamente.
Dalle parti di Cupertino il rating dell’app è stato – pare in modo coatto – modificato in 17+, così come vengono marcate normalmente le app con contenuti in odor di violenza, droga o sesso. In realtà, su App Store non vi è alcuna forma di pornografia, quindi è sufficiente che un personaggio dei videogiochi faccia qualcosa di moralmente non irreprensibile per cadere nella classificazione per adulti. Nulla di grave, in realtà, perché l’app continua a essere indicizzata sullo store e gli utenti possono normalmente raggiungerla, solo rimarrà fuori dalla portata di quei device iOS su cui sono stati attivati i controlli parentali, affinché non vengano giustamente coinvolti dei minori. Ma si tratta di una soluzione efficace?
Ovviamente no. La polemica su Vine sta per far esplodere la bolla del “porno user-generated”, una questione che Apple rischia di non poter più amministrare se non con la definizione di nuove categorie e regole per il suo negozio virtuale. Qualsiasi applicazione o network conceda la possibilità agli utenti di caricare e condividere propri contenuti si imbatterà in materiali per adulti. Nessuno ne è privo, basti pensare ai grandi social come Twitter, Facebook, Instagram. I developer non possono diventare i poliziotti degli utenti e, allo stesso tempo, Apple non può diventare la Santa Inquisizione degli sviluppatori. Si possono certamente aggiungere filtri e freni, ma punire lo sviluppatore per qualcosa che non può controllare, non è certamente la via da seguire.