A partire dal prossimo 9 febbraio, ovvero nei 15 giorni precedenti alle elezioni del 24 e 25 febbraio, scatta il divieto di pubblicazione dei sondaggi elettorali sui mezzi di comunicazione di massa. Ostacolo che la SWG pensava di aver brillantemente e legittimamente aggirato con la sua nuova applicazione PoliticApp, presentata pochi giorni fa e subito balzata al primo posto della classifica delle app più vendute. Evidentemente, però, il successo di questo strumento deve aver fatto cambiare idea all’Agcom, che è tornata sui suoi passi e ha dato l’altolà: da venerdì a mezzanotte gli utenti di questa applicazione non potranno più scaricare alcun sondaggio politico.
Quella di PoliticApp rischia di diventare una storia all’italiana, una farsa 2.0 in piena campagna elettorale. Lo stop all’applicazione, infatti, arriva dopo che migliaia di utenti hanno pagato i 9,99 euro necessari per poter leggere i report della società triestina (QUI quello odierno) la quale per bocca del suo presidente, Roberto Weber, ha già annunciato una battaglia legale:
Noi rispettiamo la legge, ci penseranno i nostri avvocati. Chi ha scaricato la nostra PoliticApp non si preoccupi: ci mandi un’email e noi provvederemo a dare comunque tutte le informazioni che abbiamo promesso. Se non potremo, restituiremo i soldi.
Il comunicato dell’Autorità Garante è caduto poche ore fa come un fulmine a ciel sereno: mentre la SWG dal suo blog scriveva che avrebbe proseguito a «fornire il risultato della Tua opinione attraverso una APP che fornisce quotidianamente anche nei 15 giorni precedenti alle elezioni quando non sarà possibile trovarli sui giornali o in televisione», Angelo Cardani emanava un provvedimento che confermava il divieto di diffondere sondaggi dalla mezzanotte del prossimo venerdì 8 febbraio e fino alla conclusione delle operazioni di voto, spiegando la valutazione precedente, invece positiva, definendo «una sommaria richiesta di chiarimenti» il primo contatto con la SWG:
Il Consiglio dell’Autorità ha ritenuto che l’applicazione realizzata dalla SWG, nei termini in cui viene pubblicizzata, rende accessibile – previo il pagamento di un prezzo contenuto – il risultato dei sondaggi ad un pubblico potenzialmente molto vasto, con inevitabili effetti di diffusione incontrollata dell’informazione. Questa circostanza configura quindi un’oggettiva violazione del divieto imposto dalla legge sulla par condicio.
A questo punto è lecito chiedersi se era tanto difficile prevedere che il download di sondaggi via smarphone ne avrebbe permesso la pubblicazione in barba al black-out della par condicio. Sarebbe bastato conoscere, minimamente, le dinamiche della Rete, i suoi modelli e strumenti di condivisione. E ancora una volta la confusione sotto il cielo di chi deve prendere decisioni sulla qualità dell’informazione in Italia danneggia i consumatori, ma soprattutto: i cittadini.