“C’era una volta”: le storie iniziano spesso così. Tuttavia la storia di Internet Explorer 6 ancora non ha avuto lieto fine. La stessa Microsoft ha fatto di tutto per spostare l’utenza dal vecchio browser, proponendo peraltro la novità IE10 con tutto quel che l’utente IE6 potrebbe desiderare per un comodo ed efficace miglioramento della propria esperienza online, ma i numeri dicono che ancora oggi c’è una parte di utenza ferma alla vecchia versione del browser. Altri sono su IE7 e IE8, anch’essi ormai superati dal tempo e dalla tecnologia, mentre poco alla volta IE9 prima e IE10 poi hanno conquistato il palcoscenico. Ma è un processo lento e progressivo, un esodo a passo stanco e cadenzato.
Spesso e volentieri questi passaggi sono infatti oltremodo lenti a realizzarsi. Ne abbiamo discusso su Facebook e Google+, poiché il caso IE10, oltre ad essere una questione di gusto e di tecnologia, è per molti versi anche qualcosa di completamente differente.
Internet Explorer 10 è una novità assoluta, una svolta evidente, un taglio rispetto al passato. Tuttavia i commenti sono spesso legati ad opinioni vecchie e consolidate, che poco hanno a che vedere con l’ultimo browser della casa di Redmond. “È poco sicuro”, sostengono alcuni nei commenti (spesso e volentieri ben rispondenti alla parodia “IE sucks… less” voluta direttamente da Microsoft). Il fatto che la realtà dimostri il contrario sembra aver poca presa, quindi: la percezione sembra essere dettata più dal passaparola che non da prove sul campo, più da una sensazione che non da una analisi critica. Più dalla pancia, o dal cuore, che non da un mero lavoro di materia grigia.
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La scelta del browser è una questione di gusto personale che affonda le radici in abitudini, approccio culturale, gusto, interfacce, necessità e molto altro. L’analisi dei browser e la consapevolezza delle proprie scelte dovrebbero però in linea teorica affrontare aspetti più ampi: la conoscenza delle varie alternative, una capacità analitica più profonda delle caratteristiche, un aggiornamento continuo sulle novità e sui rischi per la sicurezza, eccetera.
In questo quadro interviene un elemento distorsivo che da tempo grava su di un mercato probabilmente troppo rapido nelle sue evoluzioni: l’inerzia. L’inerzia è la misura del gap che c’è tra l’evoluzione degli strumenti ed i giudizi che si danno degli strumenti medesimi. È lo slittamento tra la realtà e la percezione. È la stessa che ha tenuto in piedi IE6 troppo a lungo e che ora tarda a riconoscere ad IE10 le sue reali potenzialità. L’inerzia è un peso che grava sull’innovazione, poiché elargisce male i meriti e tarda a riconoscere le qualità laddove emergono. L’inerzia pesa su tutti: pesa sugli sforzi di rilancio di Firefox, ha pesato sull’emergere di Chrome, pesa sulle capacità innovative di Opera ed oggi pesa su quel che Microsoft ha saputo mettere in campo con IE10 e Windows 8.
Il momento in cui l’inerzia si manifesta con maggior forza è quello in cui l’utente si dice in grado di poter affermare con sicurezza che non cambierà mai e poi mai strumento di navigazione. Come se il browser, o un social network, o altro, possa essere una seconda pelle: una questione di simbiosi e di identificazione, una presa di posizione (sterile e difensiva), un modo per trovare un porto franco all’interno della tempesta che ogni giorno l’innovazione scatena sul settore. L’inerzia non è giocoforza un fattore negativo, poiché determina per l’utente una sensazione di sicurezza. Tuttavia è una menzogna a sé stessi, perché (ad esempio) tutti gli utenti di MySpace sono infine fluiti su Facebook anche a fronte di spergiuri sul fatto che non sarebbe mai potuto accadere.
Del doman non v’è certezza, tanto meno nel mondo dei browser ove le certezze di Netscape sono cadute di fronte al primo Internet Explorer, sostituito poi da molti con l’arrembante Firefox, soffocato poi dall’emergente Chrome. Ed all’orizzonte già la soluzione IE10 lascia intravedere possibili nuovi riequilibri.
Dietro al cambio del browser in uso c’è quindi spesso molta più psicologia di quanta non sia la tecnologia. L’utente più maturo prova, sperimenta, giudica e sceglie. Quello meno attento a talune dinamiche si lascia trainare dalla corrente, ascolta i colori del passaparola e si fida del chiacchiericcio. La consapevolezza come motore di cambiamento, l’inerzia come fattore di stasi. Nel mezzo c’è la continua tensione che anima la guerra dei browser, ancora viva dopo anni ed anni di rivoluzioni continue e ribaltamenti di gioco. I nuovi protagonisti si stanno giocando oggi la partita di domani e le scelte degli utenti, consapevoli o meno che possano essere, determineranno vincitori e vinti.