Dall’arrivo di iPhone 5 sul mercato, e quindi con la concomitante introduzione del nuovo connettore Lightning, ci si è sempre chiesti come mai il mercato fosse così privo di accessori. Sono infatti poche le società terze che hanno lanciato prodotti dedicati al nuovo sistema Apple, tanto che gli utenti richiedono a gran voce l’introduzione del vecchio dock. Si è detto che la Mela abbia imposto delle procedure più ferree ai fornitori d’accessori per evitare problematiche per una tecnologia così complessa come quella di Lighting, ma per molto tempo cosa stesse effettivamente accadendo è rimasto un segreto agli occhi indiscreti della stampa. Fino a oggi.
Mophie, un produttore di device e custodie pensate per gli iPhone, gli iPad e gli iPod Touch, ha infatti svelato come funzioni davvero il processo di approvazione in quel di Cupertino. E tutto è controllato nel minimo dettaglio dalla stessa Apple, senza troppe possibilità di scelta per il produttore partner, con la conseguenza di tempi davvero dilungati.
Quando un produttore sottoscrive l’Apple MFi Program, ovvero acquisisce l’autorizzazione per la realizzazione di accessori, praticamente compie un ordine di componenti Lightning da Apple. I chip utilizzati nei connettori sono dotati di un numero seriale identificativo che la Mela assegna a ogni singola azienda terza, a cui si aggiungono tecniche di autenticazione univoca tra il produttore stesso e il device in uso. Da ogni accessorio Lightning, in altre parole, Apple riesce rapidamente a risalire al produttore originario, il tutto sulla base di questi codici identificativi suddivisi fra le varie società.
La motivazione per una simile scelta – rendere i partner riconoscibili – non ha spiegazioni ufficiali da parte di Cupertino. Si ipotizza, però, che la necessità di un codice univoco serva per escludere dal mercato quei produttori di terze parti qualitativamente scarse, a rischio potenziale di danno di un iPad o un iPhone. A differenza del vecchio connettore dock, infatti, Lightning presenta solo 9 pin molto sottili e un controller digitale affinché ogni singolo pin possa essere riassegnato. Qualora vi fosse un problema di allocazione, giusto per fare un esempio, il dispositivo potrebbe addirittura provocare un cortocircuito. Così si è espresso Ross Howe, il vicepresidente di Mophie:
«Apple può scoprire se un cavo provenga da una partita di accessori Mophie […] È questo quello in cui Apple è davvero capace: controllare l’esperienza dell’utente nel suo complesso tramite un rigoroso processo di testing».
Non sembra che Apple stia limitando di proposito l’esplosione del mercato degli accessori, perché non avrebbe alcun interesse nel perseguire un simile obiettivo. Pare che la società sia invece preoccupata per la salute dei suoi iDevice e delle conseguenze, anche legali, che subirebbe in caso di rottura di un terminale a causa di un cavo Lighting non ben configurato.