Il deputato del partito pirata Christian Engström ha denunciato i suoi colleghi che si sarebbero resi protagonisti di un blocco alle mail dei cittadini europei che scrivevano ai loro rappresentanti in merito alla paventata risoluzione anti pornografia online. Una questione delicata: da un lato, una risoluzione proposta ai 27 stati membri, dall’altra, la comunicazione tra cittadini e deputati anche in forme spontanee prive di una consultazione pubblica.
La risoluzione, frutto della relazione della deputata olandese Kartika Tamara Liotard (PSE) sulla «eliminazione degli stereotipi di genere nella UE» è stata calendarizzata per la settimana prossima e potrebbe portare a una legge europea di contrasto alla pornografia online. Un divieto comunitario così generico impegna gli stati in processi complessi e ha conseguenze molto pesanti sull’economia del settore di interesse, per non parlare delle possibili implicazioni sulla libertà della Rete.
Il deputato “pirata” aveva ritenuto un fatto positivo, al di là del giudizio di ciascuno sull’argomento specifico, che i deputati ricevessero centinaia di mail sulle loro caselle (quanti saranno stati gli italiani?) Salvo che improvvisamente hanno smesso di arrivare. Una interruzione che ha alimentato il sospetto, poi confermato, che il reparto tecnologico del parlamento abbia filtrato queste mail come spam. Ma le mail di cittadini europei possono essere considerate da cestinare?
Secondo Engström si tratta di una «vergogna assoluta» e ha già anticipato che scriverà al presidente Martin Schultz per denunciare una pratica in effetti poco democratica. La posizione personale del deputato sulla risoluzione, inoltre, è di aperta contrarietà:
Il diavolo si nasconde nei dettagli. Il testo così come scritto potrebbe portare a misure regolamentari per evitare qualsiasi forma dei pornografia nei mezzi di comunicazione, finendo con l’approvare pratiche di censura.
Il sistema immaginato dalla risoluzione, che sarebbe comunque soltanto di indirizzo per la Commissione Europea, è simile in certi aspetti alla proposta dei sei strike all’americana, con un coinvolgimento degli ISP e sanzioni graduali anche alle aziende editoriali e pubblicitarie.