Il futuro di Facebook potrebbe essere dietro un cancelletto. E sebbene formalmente trattasi di un piccolo dettaglio, di fatto configurerebbe una grandissima rivoluzione nel social network di Mark Zuckerberg, poiché andrebbe ad estenderne la portata cambiando inesorabilmente ancora una volta gli equilibri di forza rispetto ai diretti rivali. Si chiama “hashtag“, fa ormai parte della terminologia comune sul Web ed è il filo conduttore che tiene assieme il dialogo collettivo attorno ai principali temi del momento.
La suggestione è lanciata dal Wall Street Journal: secondo le fonti ascoltate, Facebook sarebbe ormai da tempo al lavoro per implementare appieno nel proprio sistema gli hashtag, ma la complessità del social network e tutte le sfumature che concernono la privacy hanno probabilmente consigliato estrema cautela in questo passaggio. L’hashtag, infatti, si configura come un elemento mancante nel progetto di Zuckerberg, qualcosa che va ad aggiungere una dimensione nuova e trasversale destinata a generare nuove connessioni tra gli utenti. Rischia di snaturare Facebook in sé nel momento stesso in cui va ad aggiungervi una nuova funzionalità. Qualcosa, insomma, da prendere con le pinze perché il potenziale è nulla senza controllo.
L’hashtag è oggi il punto di forza di Twitter ed al tempo stesso una delle peculiarità di Google+. Grazie agli hashtag gli utenti possono “sincronizzare” i propri dialoghi attorno a specifici argomenti, agglomerando così gli interventi per dar corpo ad entità trasversali che vanno a calamitare l’attenzione delle masse. Cambia, di fatto, la prospettiva: non più una esperienza di social networking basata perlopiù sui contatti personali, ma anche una esperienza vissuta ad un livello più alto e “mainstream”, meno intimo e più sociale. Meno chiuso, più aperto.
Gli hashtag sono già entrati in Facebook dalla porta secondaria, tramite quell’Instagram acquistato prima e lentamente integrato poi. L’adozione vera della nuova funzione implicherebbe però conseguenze ben più ampie e visibili: implica un riconoscimento automatico del codice con il cancelletto, implica modalità di accesso facilitato ai contenuti con hashtag, implica modalità di ricerca specifiche.
E poi c’è la privacy: l’hashtag è un elemento che per definizione agglomera i contenuti, mentre la privacy per definizione è una somma di muri che separano gli utenti per aumentare la discrezione nell’accesso ai contenuti stessi. Facebook, insomma, dovrà calibrare il compromesso esatto mettendo assieme tutti i contenuti con medesimo hashtag, ma rendendoli visibili soltanto agli “amici”, al “pubblico” o alle liste per cui si è deciso di aprire l’accesso al contenuto.
Se già oggi la gestione della privacy sul social network veniva ad essere affare complesso per i meno attenti alle caratteristiche dello strumento, l’hashtag introdurrebbe un elemento di complessità ulteriore. Tuttavia la strategia potrebbe portare avanti un grande potenziale: per un social network di ispirazione “privata” che ambisce con ogni forza a rendere quanto più pubblici e condivisi i contenuti, l’hashtag sposa in pieno le necessità commerciali e strategiche emergenti. Per sua natura, infatti, ogni messaggio con il cancelletto è una sorta di appello ad una community di interesse, è una ricerca di un dialogo: è una apertura. L’hashtag esprime appieno il proprio valore su di una piazza aperta, poiché in una stanza chiusa diventa un dialogo in solitudine. Facebook potrebbe così trarre vantaggio da una vocazione più aperta del proprio network e da una propensione maggiore degli utenti ad aprire i propri interventi per parlare su di una piazza da un miliardo di persone.
Una minaccia per Twitter, una mossa difensiva nei confronti di G+ ed una pulsione oggettiva a cui l’evoluzione del network non può rinunciare. Al tempo stesso, una maggiore apertura all’esterno implica una possibile maggiore apertura ai motori di ricerca, costringendo Facebook a rivalutare nuovamente il proprio rapporto con Google. Sembra un semplicemente un cancelletto, ma è qualcosa di ben più importante: è l’inizio di un nuovo Facebook, un social network oggi imprigionato nelle maglie di milioni di utenti che comunicano in privato senza trovare quei fili conduttori che, oltre alle singole cerchie sociali, riescono a tenere assieme una intera – vastissima – comunità.