Finalmente Istella è una realtà. Infatti, dopo il susseguirsi di annunci e slittamenti dei mesi passati, oggi lo stesso Renato Soru, presidente e fondatore di Tiscali, ha presentato alla stampa la sua nuova creatura poche ore prima che questa aprisse ufficialmente i battenti. Per farlo, non a caso, ha scelto l’evocativa cornice romana di Palazzo Mattei di Paganica, sede dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, visto che, come lo stesso Soru ha tenuto a precisare, è da qui che tutto è cominciato: prima dell’avvento dei motori di ricerca, difatti, consultare enciclopedie e biblioteche era l’unico modo per avere le risposte che ora troviamo tanto facilmente in Rete.
Chi accederà oggi a Istella – a proposito: la parola Istella non ha alcuna correlazione con la “i” di iPhone o di Italia, ma viene dal sardo “stella”, evocativa di quello spirito che per secoli spinse gli uomini a esplorare l’irraggiungibile mistero delle stelle -, sottolinea Soru, si troverà di fronte un servizio ancora in fase Beta e per questo aperto ai suggerimenti e alle segnalazioni degli utenti. Questi ultimi saranno però chiamati a rivestire un ruolo ben più importante di questo, e non solo nella fase iniziale.
Istella, infatti, si divide in due entità, affiancando alla comune web search la ricerca di contenuti. La prima punta tutto sulla qualità delle ricerche mirate piuttosto che sulla popolarità delle fonti (“Più qualità, meno popolarità” recita uno degli slogan) mentre la seconda apre le porte ai contributi, siano essi provenienti da fonti autorevoli o, per l’appunto, dagli utenti comuni.
Sono proprio questi ultimi il valore aggiunto di Istella, afferma Soru, perché gli utenti che creeranno un account personale su Istella (interfacciato anche con quello di Facebook) potranno caricare contenuti personali, dividendoli per tipologia (testi, immagini, audio e video) e, tramite la creazione di cartelle personali, per categoria. Questi contenuti saranno poi analizzati e indicizzati dagli algoritmi di Istella e resi accessibili a chiunque. Inoltre ciascun utente avrà a disposizione uno spazio social, con una bacheca personale nella quale raccogliere non solo i propri contenuti ma anche quelli degli amici e di quegli utenti che si è scelto di seguire (in pratica, è il principio del “follow” di Twitter). Gli utenti potranno quindi approvare, commentare e promuovere i contenuti e raggrupparli in preferiti; fra questi figurano anche le immagini, ovviamente, che potranno essere aggiunte semplicemente installando l’applet Istella Clip nel proprio browser (il principio è lo stesso di Pinterest).
Quando gli viene chiesto come intenda, Istella, controllare ed eventualmente porre un freno al proliferare di contenuti illeciti, offensivi o illegittimi generati dagli utenti, Soru risponde pragmaticamente: saranno gli stessi utenti, le major e le aziende a segnalare gli illeciti, esattamente come avviene su YouTube.
Per quanto riguarda la semplice ricerca in Rete, invece, Istella non vuole essere antagonista di Google o di Bing, bensì intende offrire una formula già consolidata in alcuni paesi come la Russia, che è quella della ricerca localizzata su una sola nazione – naturalmente l’Italia in questo caso – allo scopo di valorizzarne cultura, territorio e risorse. In tal senso, Soru può già avvalersi di partner d’eccellenza quali il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), l’Università di Pisa, l’Istituto Treccani, l’ICAR-SAN (Istituto Centrale per gli Archivi del Ministero dei Beni Culturali), l’ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo Unico del Ministero dei Beni Culturali), l’Internet Memory Foundation, la Guida Monaci, l’Agenzia Stampa LaPresse e Blom CGR (Compagnia Generale Riprese aeree), grazie ai quali sarà possibile effettuare ricerche negli archivi storici e fotografici di fondazioni, quotidiani nazionali e associazioni, ma anche scoprire come l’urbanizzazione ha modificato il territorio nei decenni passati.
La strada è ancora lunga, però, e per questo Soru ha scelto di percorrere due percorsi paralleli per il proprio modello di business. Uno ha lo scopo di facilitare la diffusione del sapere e, quindi, l’arricchimento del database di Istella garantendo ai ricercatori l’accesso al proprio indice nel pieno rispetto della filosofia Open Data. L’altro è quello della capitalizzazione sulla base di una concessione di tipo commerciale del suo indice di ricerca e dei trend sulle parole chiave. Fra i potenziali interlocutori, Soru individua attualmente i principali editori italiani e le Pubbliche Amministrazioni, ma non esclude nemmeno la possibilità di una presenza pubblicitaria.
Tanto l’aspetto commerciale quanto quello pratico sono ancora in divenire e, forse, non è un caso che alcune delle domande postegli nella fase conclusiva della presentazione abbiano dato lo spunto per futuri sviluppi. Ecco quindi che si viene a scoprire che Istella non ha ancora un’interfaccia in inglese e che dovrà consentire ai propri utenti di personalizzare la raccolta di notizie (come Google News) e di creare gruppi di interesse che consentano l’interazione diretta fra utenti (ad esempio come le cerchie di G+).
Alla fine Soru si abbandona anche a un’ammissione e confessa che Istella è il progetto che ama di più perché «Istella ama l’Italia e non c’è nessun algoritmo che possa raccontare l’Italia meglio degli italiani stessi». Si vuol probabilmente far leva sullo spirito nazionale, ma lo si fa con equilibrio, senza proclami, bensì con la sobrietà di chi ammette onestamente che Istella nasce con lo scopo di fare soldi, è chiaro, ma anche di dare lavoro e restituire fiducia alla ripresa del nostro Paese. Anzi, si spinge oltre Soru, auspicando che gli sviluppatori che oggi sognano un lavoro presso Google o Bing, un domani desiderino mettere il proprio talento a disposizione di Istella e dell’Italia. Un buon auspicio che va ben oltre il solo benvenuto al motore di ricerca.