L’indagine conoscitiva della Consob ha prodotto un primo risultato: un regolamento sul crowdfunding, da consultare sul sito dell’organismo di controllo per le opportune osservazioni prima della sua approvazione definitiva. Nel testo tutti gli elementi analitici e normativi che faranno dell’Italia il primo paese europeo con una legge apposita sull’equity, cioè su azioni emanate dalle stesse startup in cerca di sostegno economico.
Per disciplinare la materia – certamente molto delicata, soprattutto di questi tempi nient’affatto sereni dal punto di vista finanziario e borsistico – la Consob ha steso un documento di consultazione che fissa dei limiti e suggerisce degli strumenti. Nelle sue 48 pagine il testo parte dal quadro legislativo, delinea i contorni dei due protagonisti dell’equity – le startup corrispondenti ai criteri di legge e i portali online che gestiranno l’offerta – nella massima tutela anche e soprattutto degli investitori non professionali.
La bozza prevede la formazione di un registro da pubblicare negli elenchi della Consob, norme di trasparenza sulle caratteristiche del gestore, obblighi di informazione delle startup per comunicare l’emissione di azioni (con relativa informativa finanziaria periodica in caso di investimento) e tutta una lunga serie di disciplinari sulla comunicazione delle parti.
Ovviamente il cuore del documento è la terza parte che disciplina le offerte. Un primo punto importantissimo è il seguente: si è stabilita una quota del 5% di investimento minimo da parte di investitori professionali, che in assenza impedisce di offrire azioni a quelli non professionali. Si tratta della due diligence per cui il prerequisito è funzione di garanzia per gli investitori, i quali potranno in tal modo anche beneficiare delle attività svolte in maniera professionale da soggetti più esperti.
Al riguardo, c’è da aggiungere che il 41% degli investitori non professionali che hanno risposto al questionario pubblicato per l’indagine conoscitiva non considera il “co-investimento” degli istituzionali uno strumento in grado di fornire adeguate garanzie sull’affidabilità della startup innovativa.
Gran parte degli investitori professionali (82%) ha affermato che la quota massima che intenderebbe sottoscrivere non va oltre i 50.000 euro. Quanto alla percentuale dell’ammontare offerto il 56% di essi valuterebbe di sottoscrivere una quota inferiore al 10%, mentre il restante 44% valuterebbe una quota fra il 10% e il 20%; nessun rispondente per tale categoria infine sarebbe orientato a valutare la sottoscrizione di una quota superiore.
Nella parte finale ci sono anche le istruzioni per presentare la domanda di iscrizione al registro dei gestori. Ma sul sito abbondano gli allegati (ad esempio una efficace sintesi dell’impatto di questo regolamento), materiali che necessiteranno di studio da parte dei soggetti interessati prima di inoltrare le opportune osservazioni, che dovranno essere spedite entro il prossimo 30 aprile.
Certamente il passo è importante, anzi decisivo: di tutta la filiera startup italiana mancava la parte sugli investitori privati, che ragionano in modo differente dal venture capital; i gestori di questi servizi aiuteranno le startup a trovare sostenitori di dimensioni e prospettive non necessariamente legati a un immediato risultato economico, ma piuttosto interessati al programma oppure alle ricadute sociali.