Pubblica una foto falsa, e considerata offensiva, di Laura Boldrini su Facebook: identificato e denunciato, sarà ora indagato dagli inquirenti. Ed è questo il fatto che sembra chiudere la parentesi polemica dei giorni scorsi, nella quale dapprima il Presidente della Camera ha lanciato parole di fuoco contro la Rete per poi ritrattare riportando il tutto in termini di estrema ragionevolezza. Ma la storia avrà uno strascico per chi ne è rimasto coinvolto in prima persona, protagonista dell’upload che ha evidentemente stuzzicato quanti, nel team della Boldrini, hanno notato il tutto e lo hanno portato all’attenzione delle autorità.
La polemica si è sviluppata su vari canali: contro la Rete e la sua presunta “anarchia“; contro la sollecitudine dei PM quando i fatti coinvolgono nomi di alto rango; contro l’inerzia degli inquirenti quando interessi di parte sconsiglino azioni repentine; contro chi pretende di caricare impunemente qualsiasi cosa online nella sicurezza di trovare dietro lo schermo un tranquillo anonimato. Tutto ciò si risolve in un indagato: Antonio Mattia, giornalista, il quale non nega gli addebiti e chiede invece tramite le pagine de Il Giornale di guardare ai fatti con la giusta contestualizzazione: «Guardi, ho fatto una piccola ricerca, provi a digitare su Google un nome di deputata o ex ministro Pdl e poi un insulto: veda quanti risultati vengono fuori. C’è una pagina Facebook su una ex ministra con volgarità e violenze allucinanti, cose che – in confronto – la mia è da asilo. Nessuno ha mai perquisito gli amministratori di quei siti? Come mai? Che Paese è questo? Bisogna scappare via dall’Italia?». Soltanto nei giorni scorsi la redazione di Webnews ha segnalato a Facebook alcune pagine pesantemente offensive nei confronti di vari esponenti dell’attuale Governo, notando come il social network abbia con estrema sollecitudine rimosso quanto segnalato.
Le indagini dovranno ora accertare le responsabilità dei singoli, poiché l’indagato è chiaro circa la propria azione: «ho solo condiviso una foto che girava su internet! Il mio errore è esserci cascato, aver creduto che fosse lei. Ma c’è una bella differenza tra un fotomontaggio pornografico e un nudo di donna falsamente attribuito alla Boldrini. Era una boutade, uno scherzo! La cosa aberrante è che arrivi una pattuglia della polizia a casa per una sciocchezza del genere!». Secondo La Repubblica, l’iscrizione nel registro degli indagati sarebbe avvenuta «alla luce della normativa esistente che consente l’identificazione di coloro che, travalicando i limiti della corretta informazione, oltrepassano il legittimo diritto di cronaca e di critica giornalistica».
Ancora una volta la situazione appare del tutto confusa: mentre la Boldrini ha trovato a suo vantaggio una piena smentita alle proprie parole con le quali criticava il fatto che gli eventi online non subiscano equo trattamento rispetto a quelli offline, il diretto interessato dovrà ora veder valutata sulla propria pelle la differenza tra produrre un fotomontaggio, caricarlo online e condividerlo. Da capire inoltre, alla luce delle parole che trapelano dalla Procura, quanto abbia potuto influire la professione dell’interessato a tal proposito.
Anche per gli inquirenti potrebbe essere inoltre una sfida non da poco, con l’aggravante per cui la cosa potrà rappresentare una sorta di precedente simbolico, facendo giurisprudenza in quella terra di mezzo compresa tra la necessità di “leggi speciali” per il Web e la necessità di “controlli speciali” per mano della Polizia Postale.
E se tutto ciò non bastasse, i grandi nomi che hanno diffuso la notizia non hanno lesinato coloriture politiche alla vicenda, intravedendo giochi di potere tra diversi orientamenti e fazioni. Una storia che potrebbe arricchire la cultura digitale del paese e che rischia invece di essere confezionata alla peggio modo, in triste stile italiota.