Come molti sospettavano, l’addio di Mentana a Twitter ha sollevato non poco rumore. Il diretto interessato, nel momento in cui ha promesso il silenzio sul social network, ha iniziato invece a “twittare” ben più di prima, ma rinunciando a tutto quel che è l’eco dei commenti: niente Twitter, insomma, ma una comparsata sulla RAI con Fabio Fazio ed un articolo sul Corriere della Sera raccontano tutto quel che il “saluto finale” non aveva saputo narrare in quegli ultimi 140 caratteri.
I commenti alle parole di Enrico Mentana sono già giunti da una molteplicità di analisti di “cose del Web” ed anche su queste pagine sarebbe ridondante e ripetitivo ricordare quanto inutile, fuorviante, pericoloso e debole sia l’attacco di Mentana a Twitter ed all’anonimato eventuale degli utenti.
Twitter lo si può attaccare, ignorare o delegittimare per vari motivi, ma nel momento in cui vi si partecipa significa che ci si è informati e si accettano le regole intrinseche del gioco. Mentana invece porta avanti attacchi mirati e non si limita ad abbandonare il network con una semplice “rinuncia”: scrive sul principale quotidiano nazionale le sue motivazioni e va in prima serata a raccontare alle telecamere le proprie sensazioni.
Il rumore dei nemici è anche nelle sue parole: il messaggio che passa è quello di una rete violenta, imperversata da pirati dell’insulto, indebolita da diffamatori accaniti che (per ammissione stessa di Mentana) lui ha però incontrato soltanto in piccolissima percentuale. Ed il dito è puntato contro l’anonimato di chi si trincera dietro un nick:
Non è vivibile una comunità in cui i sentimenti prevalenti sono quelli di ostilità. Nessuno o quasi di coloro che rendono irrespirabile tanta parte di Twitter ha un nome e cognome. Il loro unico «coraggio» sta nella violenza delle parole, la loro viltà nel nickname, lo pseudonimo col quale firmano le loro ribalderie
Il corto circuito delle parole di Mentana può essere messo in luce guardando non tanto alle parole dello stesso Mentana, quanto a frasi pronunciate in altra sede, da altro ruolo, alcuni anni prima:
I social network non sono più luoghi di incontro e socializzazione virtuale. Si sono trasformati in pericolose armi in mano a pochi delinquenti che, sfruttando l’anonimato, incitano alla violenza, all’odio sociale, alla sovversione
Era il 15 dicembre 2009. La firma era quella di Gabriella Carlucci.
#ilrumoredeinemici
storia di una guerra ideologica