Non dimenticatevi delle startup. Così inizia l’appello di Italia Startup, appena pubblicato e indirizzato al governo Letta. I segnali di un impegno sull’agenda digitale ci sono, ma bisogna essere obiettivi: i pochi decreti attuativi e un settore, quello della nuova imprenditoria, visto ancora con i soliti strumenti di incentivazione, preoccupano molto. Se poi si aggiunge l’orizzonte di 18 mesi massimi previsto dallo stesso Enrico Letta, il timore che non si facciano passi in avanti è più che concreto. E non farli in avanti significa farli indietro rispetto alla concorrenza.
L’associazione nata a suo tempo per dare corpo agli input del ministero retto da Corrado Passera, che pensava a un ente istituzionale per le startup capace di dare risposte all’ambiente, cerca subito una sponda dopo il ritiro nell’abbazia senese del governo bipartisan. Dato che tra i punti dell’accordo uscito da quella riunione c’è il Lavoro, per Italia Startup non si può prescindere da quello innovativo.
È fondamentale non dimenticarsi di un settore che può dare speranza, far ritrovare competitività al Paese e offrire nuove forme e opportunità di lavoro. (…) Non si tratta di proteggere un settore in fase di forte affermazione in Italia e in tutto il Mondo, ma piuttosto di cambiare e rinnovare la mentalità del nostro Paese.
Digitalizzazione del sistema pubblico e privato e creazione di nuove imprese innovative sono, infatti, due facce della stessa medaglia: portare valore e innovazione all’ecosistema industriale, politico e sociale italiano, dando una formidabile opportunità in termini di nuova occupazione. Con particolare attenzione a quella giovanile, ma senza dimenticare quella riguardante i tanti manager e funzionari, dotati di eccellenti competenze, che oggi già si trovano o rischiano di trovarsi senza un lavoro.
Riccardo Donadon, Presidente di Italia Startup, ricorda nel suo comunicato il vulnus causato dalla interruzione prematura del governo Monti, con alcune leggi e provvedimenti che sono rimasti a metà del guado:
La crisi sta portando le aziende a cercare nuovi modelli di business, aprendole a sperimentazioni innovative. La parola chiave è contaminazione. Tra modelli tradizionali e modelli innovativi. E questi ultimi sono spesso frutto del lavoro di tante startup presenti sul territorio italiano. Le aziende consolidate, di settori maturi, soprattutto del Made in Italy, sono chiamate a investire in startup. Ma per fare questo bisogna creare le condizioni per chi vuole investire, siano esse imprese o investitori. Il precedente Governo ha fatto un ottimo lavoro, ma, per motivi di tempo, non l’ha portato a termine. Ora bisogna dare attuazione con urgenza al Decreto 2.0. Il mondo industriale e finanziario, startup incluse, attendono segnali concreti dal nuovo Governo per riportare alla ribalta un tema che costituisce un asset competitivo importante per il nostro Paese.
Clima preoccupante. Domani un question time sull’agenzia digitale
L’associazione di Donadon è prevedibilmente trascinata, insieme a tanti altri, dentro i nuovi riferimenti politici di questo governo e si intuisce il suo legittimo desiderio di accreditarsi, con la sue conoscenze acquisite, presso il governo e i ministeri dedicati per cercare di non perdere per strada l’agenda digitale e l’ecosistema startup italiano. Che, al di là di tante belle intenzioni e parole, vive una condizione difficile.
Peraltro non sono i soli ad essersene accorti. Basti pensare alla notizia (era nell’aria) del ritiro dello statuto dell’Agenzia Digitale, data dal CorriereComunicazioni. Ancora ai primi di marzo l’allora ministro uscente Passera annunciava quello statuto e la nascita dell’agenzia, che era destinata a mettersi sulle spalle la governance dell’agenda digitale. I costi e il peso burocratico di questa creatura hanno però fatto fare un passo indietro al nuovo esecutivo, creando una empasse clamorosa. Tanto che il sempre attento Antonio Palmieri porterà in Aula la questione:
"@rscano: Agenzia digitale: si blocca lo statuto, "rinasce" il Ddi? http://t.co/aJKhoX6iJ9 " Domani faccio question time su #agendadigitale
— Antonio Palmieri (@antoniopalmieri) May 14, 2013
I piani attuativi sono fumosi
Più che giustificato, quindi, l’appello di Italia Startup al governo. La sensazione è che l’attuale direttore generale, Agostino Ragosa, non sia in grado di dire chiaramente cosa sarà della sua agenzia, che compiti avrà, quali costi e che margini. E non perché non voglia, ma perché proprio lo ignora. L’agenzia che avrebbe dovuto gestire l’agenda digitale è di fatto commissariata e si sprecano le buone intenzioni e termini che chi ha un po’ di esperienza riconosce subito come indice di allarme: «sinergie», «pianificazione delle risorse», «tavolo di confronto».