Nel pomeriggio, alla Camera, nella parte della seduta dedicata alle interrogazioni immediate (stamani è stato approvato il decreto per i pagamenti alle p.a.), il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha risposto a due interrogazioni dedicate al tema dell’agenda digitale italiana. A preoccupare i firmatari è soprattutto l’agenzia che dovrebbe gestire la governance, ma il condizionale è d’obbligo perché la situazione è completamente bloccata.
Il question time era stato anticipato ieri da Antonio Palmieri, che era venuto a conoscenza dell’indiscrezione secondo la quale palazzo Chigi sarebbe intenzionato a puntare sull’abbandono dell’idea dell’agenzia e il recupero del Dipartimento per la digitalizzazione della PA e l’innovazione tecnologica.
Flavio Zanonato ha risposto prima alla interrogazione del deputato Danilo Toninello (M5S), che ha chiesto assicurazioni al governo in particolare sulla lotta al digital divide, criticando la nomina del direttore e i curriculum a sua detta di scarsa competenza dei dirigenti. Risposta che non ha soddisfatto l’interrogante, il quale nella breve replica ha sottolineato l’emergenza della questione digitale in Italia.
In seguito, alle 15.43, è arrivata l’interrogazione di Palmieri:
Nella XVI legislatura sia i Governi che il Parlamento, in particolar modo la Camera dei deputati, si sono «applicati» alla realizzazione dell’agenda digitale italiana; da ultimo, nei due decreti-legge di giugno e ottobre 2012, il Governo aveva tentato un lavoro di sintesi con la nascita dell’Agenzia per l’Italia digitale e una serie di misure di e-government e di sviluppo dell’economia digitale, alcune delle quali prendevano spunto dal lavoro fatto presso la Camera dei deputati. L’Agenzia attualmente non è ancora in grado di operare. Il Governo ha dovuto ritirarne lo statuto. I troppi decreti attuativi previsti e non ancora emanati bloccano la gran parte delle misure necessarie all’attuazione dell’agenda digitale.
Cosa intende fare per avviare realmente l’attività dell’Agenzia per l’Italia digitale e quando intende emanare i decreti attuativi per l’agenda digitale?
Il ministro ha citato i 38 decreti attuativi, dieci dei quali prodotti dall’ex ministro Passera (e due già approvati). Zanonato ha specificato che restano 6 decreti attuativi sull’agenda digitale: due sulle dotazioni del personale, gli altri 4 riguardano le modalità dei pagamenti elettronici e le infrastrutture, aggiungendo alla fine che a suo parere «è importante che l’agenda competa a un solo referente, dato che è inevitabile che si sovrappongano procedure col rischio anche di grossi ritardi».
La risposta non ha molto soddisfatto Palmieri, che ha sottolineato l’apparente contraddizione tra il ministro, orientato a trovare una figura di riferimento per l’agenda digitale, ed Enrico Letta (entrambi dello stesso partito) che è parso in più di una occasione propenso a trovare un modello già in house:
Il governo Letta ha impostato la scelta di non avere una figura unica delegata al tema, che per sua natura è diffuso tra tanti ministeri, si pensi solo alle tante competenze che riguardano la pubblica amministrazione, mentre lei richiama la necessità di una figura unificante che abbia la guida politica; quindi mi sembra di capire, per via deduttiva, che ci sia un cambio di direzione nell’azione del governo e che quindi a breve dovremmo aspettarci la nomina di un responsabile politico unico su questa materia. Attendiamo.
.@antoniopalmieri: non capisco se governo nominerà responsabile unico di agenda digitale oppure no. Fare presto con decreti. #opencamera
— Andrea Sarubbi (@andreasarubbi) 15 maggio 2013
L’agenda non può attendere
«A differenza del paradiso, non può più attendere». Così ha commentato Palmieri nella conclusione della sua replica alla risposta del ministro Zanonato, che, da par suo, è rimasto sulla difensiva. Che poteva fare, d’altra parte? Al momento la situazione è bloccata e come ha recentemente tuonato Guido Scorza dalla pagine del FattoQuotidiano, siamo al paradosso per cui, pensando di avere già in mano la nuova agenzia (dimenticandosi che ora ha una cabina di regia dove siedono quattro ministri diversi da quelli che l’hanno concepita) «si sono smantellati gli enti che bene o male si erano occupati dell’argomento in questi ultimi anni. Ce n’è abbastanza perché quella dell’Agenzia per l’Italia digitale sia considerata una delle pagine più vergognose della politica dell’innovazione nel nostro Paese».
Ora che potrà accadere? Difficile fare previsioni. L’agenzia è commissariata, forse i suoi uomini – al netto dei curricula evidenziati dai deputati a cinque stelle, che magari non sono il cuore della questione – non possono essere utili alla causa. E la causa è troppo importante. Si cominci almeno coi decreti.