L’esito della questione Google-antitrust in Europa potrebbe essere ben diverso rispetto a quanto visto all’inizio dell’anno oltreoceano. Joaquin Almunia è tornato a pronunciarsi oggi sulla vicenda, definendo le condizioni dell’accordo proposte da bigG insoddisfacenti per porre fine a un’indagine che va avanti ormai da quasi tre anni. Utenti, concorrenti e altre realtà operanti nell’ambito Web avranno ancora un mese di tempo per dire la propria, dopodiché la Commissione Europea si riunirà per una decisione definitiva.
Le informazioni che giungono oggi da Bruxelles sono comunque piuttosto chiare: non basteranno dunque alcune modifiche alle SERP (pagine dei risultati) o l’aggiunta di etichette per identificare a un primo sguardo i link verso i propri servizi. Per scrollarsi di dosso qualsiasi accusa relativa al presunto abuso di posizione dominante, Google dovrà fare di più. Il portavoce del gruppo Al Verney, intervenuto sulle pagine di Bloomberg con un’email, commenta così quanto trapelato oggi.
Pensiamo che la nostra proposta inviata alla Commissione Europea possa risolvere i quattro problemi sollevati. Continueremo a collaborare con la commissione per trovare una soluzione.
All’apertura del motore di ricerca verso una revisione dei termini contenuti nella bozza dell’accordo risponde David Wood, avvocato che difende gli interessi di ICOMP (Initiative for a Competitive Online Marketplace), organizzazione che tra gli altri membri conta anche la presenza di Microsoft e Foundem, quest’ultima già protagonista di una vicenda giudiziaria legata all’indicizzazione dei risultati su Google.
L’attuale set di proposte è chiaramente inaccettabile ed è molto improbabile che possa essere migliorato al punto di porre fine a comportamenti discriminatori nelle ricerche, ripristinando un’effettiva competizione.
In definitiva, quello che in aprile sembrava essere un accordo ormai quasi concluso vede ora nuovamente allontanarsi le posizioni dei protagonisti chiamati in causa. Da una parte il gruppo di Mountain View che si è dimostrato disposto ad apportare modifiche ai propri algoritmi e strumenti di ricerca, dall’altra una commissione che sembra aver assunto un atteggiamento molto più severo rispetto a quanto fatto dai colleghi statunitensi della Federal Trade Commission. Se ne saprà di più dopo l’estate, con Almunia che auspica la chiusura del caso entro la fine dell’anno.