Sarà mai possibile che nel 2013 le pubbliche amministrazioni si scambino messaggi via fax? Così si chiede, da tempo, Paolo Coppola, deputato PD che è diventato noto per il suo emendamento ammazza fax. Solo che a finire ammazzato è stato lui. Resistenze, dubbi da parte del governo, la fibrillazione del voto di fiducia sulla legge 69 – approvata alla Camera il 26 luglio e ora in Senato, dove dovrà essere approvata entro il 20 agosto – hanno portato a respingere un testo di poche righe che esortava ad eliminare l’ormai obsoleta tecnologia di trasmissione documenti tra uffici delle amministrazioni pubbliche.
Un piccolo, emblematico segnale di quanto la carta sia ancora vincente in Italia, preponderante coi suoi 11 milioni di tonnellate consumate all’anno (più di Brasile, Russia, India, Francia, Spagna, Regno Unito) e che potrebbero almeno in parte essere risparmiate con una decisione perentoria. Punto e a capo. Ma toccare le amministrazioni, il loro modo di operare, cercare di renderle più efficienti è missione ardua. Paolo Coppola, ingegnere, docente di informatica, già assessore all’Innovazione di Udine, si era tolto la soddisfazione di far parte del gruppo di deputati che ha portato all’emendamento per la liberalizzazione del Wi-Fi. Il suo emendamento per cancellare i fax, invece, ha ottenuto un bel no dal sottosegretario De Vincenti, che quel giorno aveva avuto problemi con la mail «e per fortuna c’era il fax».
e mi hanno ammazzato per la seconda volta l'#ammazzafax… #fb
— Paolo Coppola (@coppolapaolo) July 25, 2013
Il suo emendamento all’art. 14 del DL 69 prevedeva l’esclusiva via telematica. Quando si è visto respingere il testo ha tentato con un ordine del giorno in aula: tentativo disperato, perché il caos delle sedute fiume e l’ostruzionismo del M5S – che non ha accettato di diminuire il numero dei propri emendamenti (400) – gli ha tagliato le gambe, dato che si è scelto di votare perlopiù i testi licenziati nelle commissioni. Il deputato però non si arrende e già si prennuncia un #killerfaxact al Senato tramite qualche collega.
L’agenda digitale si pone lo stesso obiettivo
Il testo dell’ordine del giorno di Coppola era il seguente:
Non è ammissibile che ad oggi, 2013, possano esistere pubblici uffici sprovvisti di una dotazione tecnologica adeguata al superamento del mezzo fax, né tantomeno è accettabile che funzionari pubblici non siano in grado di utilizzare tale strumentazione. Risulterebbe inoltre, questo, essere uno stimolo affinché vi sia una spinta all’alfabetizzazione e all’aggiornamento delle competenze del personale pubblico oltre che della dotazione tecnica degli uffici, nel caso fossero sprovvisti; la trasmissione di documenti e dati in modo telematico permette di ridurre i tempi e quindi permette di aumentare l’efficienza dell’azione amministrativa.
Parole sante, perfettamente in linea con lo spirito dell’agenda digitale che viene sostenuta e potenziata nel disegno di legge, ma anche evidentemente non sono riuscite a fare breccia. Per quale ragione, a chi fa paura uccidere il fax? I motivi sono facilmente intuibili: esperienza insegna che è meglio non innovare coi colpi di spugna, scrivendo con una semplice riga che un certo tipo di abitudine non è più valida dall’oggi al domani. Coperture finanziarie e passaggi burocratici fanno prediligere un’azione di governo, con decreti e leggi che considerino più aspetti del problema, in un paese fortemente burocratizzato, che offre spesso forti resistenze all’innovazione da parte degli enti, delle associazioni di categoria e via dicendo.
Tuttavia, è anche vero che l’agenda digitale è stata messa nelle condizioni di lavorare alla semplificazione dei rapporti tra cittadino e amministrazione pubblica incentivando, con estremi di obbligatorietà in alcuni casi, l’utilizzo della posta elettronica certificata. Non era forse questa l’occasione per prenderne atto e mandare in soffitta la carta termica? Un’altra occasione persa. E intanto, il fax resiste: simbolo imperituro del paese della carta.