L’Italia ha bisogno di fermare l’ondata di razzismo che la sta infangando. Come l’esondazione di un fiume carsico, contaminato, non si era mai vista una quantità così impressionante di ingiurie, offese bestiali, senza censure, senza autocontrollo, da parte di tante persone nei confronti di una persona sola, la ministra Cécile Kyenge. Nel piano antirazzismo che sta approntando pareva volesse considerare anche il web. Comprensibile, ma poi tutto è stato sospeso. Meglio così.
Che ci sia bisogno di una cesura politica nei confronti dell’approccio all’integrazione è ormai fuori discussione. La titolare del ministero all’Integrazione e all’immigrazione, mentre veniva ancora una volta umiliata – in questo caso da due consiglieri della Lega nord a Cantù – ha anticipato gli snodi del suo intervento: un riordino del quadro legislativo che metta assieme politiche e repressione. Niente di strano, anzi: i temi e le idee sono molto interessanti, a partire dall’integrazione linguistica, i flussi di manodopera, l’attività sportiva dei figli di immigrati.
Modelli che vengono dall’estero e che qualche risultato l’hanno ottenuto, ma quando era trapelato che la ministra volesse anche metter mano alla diffamazione in Rete e colpire chi si macchia di insulti inaccettabili e che possono promuovere la criminalità (come nel caso dell’uomo, un veronese di 61 anni, che su Facebook ha pensato fosse una buona idea sostenere di essere pronto «ad accogliere la Ministra negra con le armi») si è parlato di ennesima “stretta” sul web e di legge speciale. Eppure nel caso dell’uomo la Digos è intervenuta subito, ed è stato denunciato per diffamazione e minacce pluriaggravate. Allora che bisogno c’è di leggi speciali?
Quelle leggi speciali per internet di cui non si sente proprio il bisogno http://t.co/cQoYFYGOrY
— Stefano Quintarelli (@quinta) July 30, 2013
Massima solidarietà alla ministra Kyenge, che ha mostrato sin qui parecchio temperamento e molta calma, ma una stretta sul web è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Anche il deputato Stefano Quintarelli ne è convinto:
Mi preoccupa non poco che sull’onda di una giusta indignazione per una grave offesa subìta si possano prendere iniziative censorie che i fatti dimostrano non necessarie.
La doppia efficienza dei social e della polizia
Rispetto al tema del controllo dei discorsi di odio sui social, bisogna mettersi d’accordo: oltre ad essere tipicamente autolesionista limitare il free speech per limitare l’hate speech («volete curare la forfora con la decapitazione», disse Frank Zappa in un memorabile discorso alla commissione americana che negli anni Ottanta voleva censurare i testi musicali considerati volgari o pericolosi per i minori), quasi sempre chi propone questo tipo di strumenti sembra davvero ignorare che la ragione per cui oggi avvertiamo molto di più la presenza di questo razzismo, di questi pensieri barbari è proprio la presenza del Web.
I social hanno strumenti di segnalazione dei contenuti offensivi che sono il primo livello di autocontrollo dell’ambiente, seguito poi da quello delle forze dell’ordine che stanno mostrando una certa capacità di intervento, anche tempestiva. Tra le minacce assurde del veronese e la sua denuncia sono trascorse 48 ore. La consigliera leghista – poi espulsa dal partito – che augurò una violenza carnale alla Kyenge, è già stata condannata a un anno e mezzo di prigione (pena sospesa). Perché dunque introdurre il tema della lotta al razzismo parlando anche della Rete, come fosse responsabile di chissà quale propagazione del messaggio violento, quando al limite ne è uno specchio fedele e utile per quantificare e analizzare il fenomeno?
Forse la prima ad essersene accorta è proprio la Kyenge, che anche in questo caso mostra tutta la sua intelligenza. Al momento la questione web è sospesa. Nel documento non ce n’è traccia.