Si torna a parlare di Google e privacy, un binomio che spesso ha tenuto banco negli ultimi tempi, soprattutto in seguito alla decisione presa lo scorso anno dal motore di ricerca che ha portato all’introduzione della cosiddetta policy unificata. All’inizio di aprile alcune autorità garanti europee (compresa quella italiana) hanno organizzato una sorta di task force con un obiettivo comune: fare luce sulle modalità di salvataggio e trattamento dei dati sensibili per identificare eventuali violazioni delle normative vigenti.
Il 20 giugno CNIL (Commission Nationale de l’Informatique et des Libertés) ha concesso a bigG tre mesi di tempo per adeguare la propria attività alle leggi francesi. Dal comunicato comparso nel fine settimana sul sito ufficiale l’autorità sancisce il termine del periodo stabilito, definendo le risposte ottenute non sufficienti a soddisfare le richieste inoltrate.
Il 20 giugno 2013 i vertici di CNIL hanno ordinato a Google di rispettare la legge francese sulla protezione dei dati personali entro tre mesi. Nell’ultimo giorno di questo periodo, Google ha risposto a CNIL. Google contesta le argomentazioni di CNIL, senza soddisfare le richieste contenute nella diffida.
La vicenda è dunque destinata a nuovi sviluppi, con CNIL che ha annunciato l’intenzione di designare un relatore al fine di avviare una procedura formale nei confronti del gruppo californiano, per giungere a una sentenza che stabilisca responsabilità ed eventuali sanzioni. Impossibile al momento stabilire una cifra anche solo indicativa, ma stando a quanto riportato dal Wall Street Journal l’entità dell’ammenda potrebbe essere elevata, in quando l’autorità sta valutando l’ipotesi di considerare ogni singolo cittadino francese iscritto ai servizi Google come parte interessata dalla violazione.
Questo nuovo step nel braccio di ferro tra Google e l’Europa non coinvolge però solo la Francia, seppur in modo indiretto. CNIL rappresenta infatti il pilastro portante dell’Article 29 Working Party, il cui ruolo è quello di intermediario tra le singole autorità del vecchio continente (in questo caso Olanda, Spagna, Germania e Italia, oltre ad alcune associazioni britanniche) e il motore di ricerca. L’unica risposta fornita da Mountain View è stata per il momento affidata ad un portavoce, che ribadisce come l’azienda abbia collaborato attivamente fin dall’inizio con la controparte e che la policy adottata in materia di privacy è stata scritta nel pieno rispetto delle normative.