Il digitale può svecchiare l’Italia, l’agenda serve a capire come, partendo da che cosa e con quali obiettivi. Confindustria Digitale ha organizzato il forum annuale sull’Agenda Digitale, che ha registrato le grandi differenze ma anche le continuità di questo ultimo anno complicato: un altro governo, un uomo di fiducia, Francesco Caio, per uscire dalle secche del caso Agenzia e statuto, il problema Telecom e infrastrutture, le opportunità di autentica spending review del passaggio digitale nelle pubbliche amministrazioni e nella sanità.
La seconda edizione dell’#italiandigitalagendaforum ha visto l’introduzione di Stefano Parisi, presidente di Confindustria Digitale, prima dei quattro panel di interventi su Agenda Digitale, Startup, Pubblica Amministrazione e Impresa. Il primo intervento è stato quella di Francesco Caio che, riprendendo quanto detto all’ultimo TechCrunch, ha sottolineato come in questo momento si debba fare delle scelte concentrandosi su alcune priorità: identità digitale, anagrafica della popolazione e digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni a partire dalla fatturazione elettronica. La sempre tenace Neelie Kroes – che intervenne già l’anno scorso – da par suo ha invitato gli italiani a credere nell’agenda come motore di sviluppo occupazione, cercando il più possibile di evitare la burocrazia.
Nellie Kroes "I need fighters not burocrats" #agendadigitale #ItalianDigitalAgendaForum
— Patrizia Feletig (@citypat1) October 21, 2013
L’infrastruttura: i dolori italiani
Il primo panel e anche le conclusioni dell’intero forum molto devono al divario digitale per eccellenza del paese: l’infrastruttura ormai incapace di sostenere la crescita del settore, perché fondamentalmente ideata ai tempi del rame. Qui si gioca la partita delle partite, come ha giustamente sottolineato Franco Bassanini, che dalla sua poltrona di Cassa deposito e prestiti ha più volte ricordato il recente decreto scavi, la possibilità di incentivare i vantaggi fiscali, ma anche precisato come le garanzie pubbliche sono più utili a problemi come quelli della formazione, delle scuole, ma che senza l’unbundling, lo spacchettamento, forse non c’è soluzione:
Dobbiamo fare con le telco come con il gas: lasciare tempo a queste società di adeguarsi, ma separare le reti fisse – e solo quelle perché quelle mobili sono già molto più adeguate – dalla Rete a livello gestionale.
Il discorso ha acceso un dibattito – molto stretto nei tempi, ma certamente destinato a proseguire in tutte le sedi – al quale ha partecipato anche Antonio Catricalà, che ha parlato di «nemici del digitale», anticipando il concetto forse più coraggioso fatto in seguito da Enrico Letta. Il roaming su rete fissa, lasciare (e regolamentare) gli investimenti di tutti, nonché il mutuo accesso alle rispettive reti, nell’ottica di un mercato unico europeo delle telecomunicazioni. Con tecnologie, con investimenti e con libertà politica. Possibile? Auspicabile. Certo però che il caso Telecom non aiuta, ma si sta parlando di una leva di efficienza nella pubblica amministrazione, di crescita per le imprese, di nascita di nuove startup (con un impatto sul Pil dello 0,2% grazie a uno stanziamento di 300 milioni l’anno in fondi seed) e di risparmio per le famiglie di 3 miliardi di euro l’anno, potenzialmente per lo Stato di almeno 25. Impossibile perdere anche questo treno.
L’intervento di Letta
Il presidente del Consiglio è intervenuto a conclusione della mattinata – che si è dedicata anche alla situazione delle startup (senza però alcuna novità particolare, limitandosi i relatori a commentare il resoconto di quanto fatto nell’ultimo anno e mezzo a livello legislativo e all’importanza di ricostituire il fondo dei fondi voluto da Passera) e alle pubbliche amministrazioni – lasciando certamente il segno. Un intervento tutt’altro che tiepido quello di Enrico Letta, che ha definito l’Agenda Digitale «la principale riforma del Paese» che va spiegata per convincere tutti che il digitale può, questo è vero, togliere dei posti di lavoro, ma crearne di nuovi. Letta ha salutato Caio, presente in sala, parlando della sua assunzione come del gesto iniziale, simbolico ma anche concreto, per un committment politico sul digitale che cambia il metodo di lavoro:
Per mia esperienza ho imparato che più aumentano i posti a sedere a bordo meno si riesce a fare. Sull’agenda abbiamo voluto invece cominciare a lavorare in questi sei mesi, e sapete che sono stati anche sei mesi nient’affatto banali, con decreti attuativi – quindi non annunci – e mi riferisco a quello sulla fatturazione elettronica, quello sul piano scavi, a quello sull’anagrafe della popolazione.
Al Forumagendadigitale dico che prox consiglio EU 24-5 ott l'Italia si batterà per approdare subito al mercato unico tlc eu. #digitalcompact
— Enrico Letta (@EnricoLetta) October 21, 2013
Un altro elemento discriminante secondo Letta sarà il prossimo consiglio europeo, nel quale si proverà a creare un mercato unico delle telco, ponendo fine alla lotta dei singoli regolatori nazionali:
Il prossimo consiglio europeo, quello di giovedì, può essere la svolta o la tomba. Se il Consiglio terminerà con parole di rito, con acronimi vuoti che permettano di non portare avanti l’agenda digitale, i rischi sulla competitività dell’Europa sono enormi. Se invece metteremo assieme coloro che vogliono mandare avanti, in Europa, l’alleanza che vuole rompere le sacche di resistenza che bloccano la competitività, allora tra dieci anni questa decisione verrà ricordata. Noi saremo con la Kroes, con la commissione, e facciamo parte di questa alleanza.