Più di 1200 startup registrate, di cui 113 finanziate, 97 incubatori e acceleratori, 40 parchi scientifici, 65 coworking. L’ecosistema delle startup in Italia cresce, e c’è una mappa per monitorarlo. A SMAU il convegno dell’ultima giornata ha visto protagonista Italia Startup e il suo “Who’s who”, fotografia dell’esistente che ha radunato anche tre protagonisti assoluti della task force ministeriale che un anno e mezzo fa iniziò l’avventura di Restart Italia: Stefano Firpo, Alessandro Fusacchia e Mattia Corbetta.
Italia Startup e gli osservatori del Politecnico di Milano, insieme a SMAU e al MISE, hanno organizzato una tavola rotonda che ha riassunto la storia di come con metodo decisamente originale – indagini, consultazioni, stesura di criteri prima delle norme – l’allora ministro Passera insieme ai suoi collaboratori hanno dato vita al percorso che ha portato alla definizione delle startup, i vantaggi fiscali, finanziari, burocratici, via via arricchiti, completati da fondi, il regolamento crowdfunding (primo al mondo), e un allargamento delle maglie della legge per via parlamentare.
Come si conviene, prima degli interventi del segretario dell’associazione, Federico Barilli, i numeri di Andrea Rangone, responsabile degli osservatori della School of management, che ha illustrato i dati della mappa aggiornati al 14 ottobre. I soggetti recensiti appartengono a tutte le categorie dell’ecosistema: startup finanziate, incubatori privati e pubblici/universitari, parchi scientifici e tecnologici, investitori, community online. Partendo da questi, molto interessante sia la suddivisione nelle tre aree nord-centro-sud, soprattutto quando si incrociano coi relativi investimenti fatti sulle startup innovative nel corso degli ultimi due anni, grazie al quale si scopre che le startup innovative sono per il 50% localizzate al nord, per il 36% al centro e per il 14% al sud. Ben 232 hanno sede in Lombardia, 135 in Emilia-Romagna, 120 nel Lazio, 113 in Veneto, 111 in Piemonte, 92 in Toscana. Le startup finanziate hanno per il 46% sede al nord, per il 26% al centro e per il 28% al sud. Complessivamente nel 2012 sono stati investiti 112 milioni di euro in startup hi-tech. Per il 2013 si stima un valore di investimenti complessivi di 110 milioni di euro. Nel 2012 il 70% degli investimenti nelle startup hi-tech è stato effettuato da Investitori istituzionali, mentre il restante 30% fa capo a Business Angel, Family Office e Incubatori/Acceleratori
La tavola rotonda
Dopo il preciso riassunto di tutte le norme approvate in questo anno di lavoro da parte di Mattia Corbetta, Federico Barilli, Riccardo Donadon, Stefano Firpo, Alessandro Fusacchia hanno ricostruito la morale di questo impegno politico (in senso lato) spiegando come si è costruita la piattaforma. Fusacchia, oggi alla Farnesina, ma per molto tempo collaboratore stretto di Passera allo Sviluppo Economico, ha schiettamente definito il metodo:
Se avessimo cercato una sponda in Parlamento non saremmo mai riusciti a produrre nulla. Come d’altronde se avessimo elaborati i criteri insieme a tutti i portatori di interesse e le rappresentanze. Mantenendo invece delle maglie strette per la definizione di startup, e lavorando nella task force, abbiamo fatto in modo che non troppi se ne accorgessero, così da iniziare il processo e oggi poterci permettere di ampliarlo e adottarlo anche in altri ambiti.
Sul palco dell'affollata sala @rdonadon @FusacchiA @StefanoFirpo @FedeBarilli per definire i prox passi della policy pic.twitter.com/ske9LH0Bzh
— InnovUp (@INNOVUPnet) October 25, 2013
Donadon, come già agli InternetDays, ha messo in guardia dalla tentazione di replicare modelli impensabili in Italia:
Come imprenditore, mi sento chiamato a lavorare, ora, dopo tutti questi interventi per facilitare la piccola impresa, partendo dalla considerazione che è inutile guardare a Israele o alla Silicon Valley: meglio piuttosto pensare a quel 98% di imprese medio-piccole che caratterizza da sempre l’economia italiana, e che pur in difficoltà sono il tessuto sul quale inserire la portata di innovazione delle startup. Facendo però quello che sappiamo fare, il made in Italy nel quale non ci batte nessuno: il food, il fashion, le alte tecnologie. Possiamo dare una spinta a questi settori, ma non accontentandoci della centesima applicazione social: lavorando sull’innovazione tecnologica.