29 ottobre 2013: è questa la data del taglio dei nastri del Green Data Center ENI di Ferrera Erbognone. La domanda è però sorta immediatamente in coloro i quali hanno potuto vedere la vastità dell’investimento effettuato da ENI nell’impianto: perché scegliere di erigere un datacenter in proprio invece di affidarsi alle soluzioni esistenti sul mercato? Le risposte giunte dall’AD Scaroni sono state molte e portano tutte all’idea a tutto tondo di una necessaria autonomia che si fa vantaggiosa sotto ogni punto di vista.
Innanzitutto, lo scopo: ENI ha costruito il proprio datacenter per gestire tutto quel che è il computing del gruppo. Non v’è alcun progetto atto alla vendita di servizi o all’utilizzo della struttura per scopi terzi, insomma: il Green Data Center dovrà gestire tutte le informazioni che la stessa ENI ha la necessità di elaborare per finalità proprie dell’azienda. Tra gli scopi indicati:
- gestione della contabilità del gruppo
- utilizzo della forza di calcolo necessaria per elaborare i campioni estratti in tutto il mondo alla ricerca di nuove sacche di idrocarburi
- gestione del CRM aziendale
- gestione dei siti internet che fanno capo a ENI
Tutto ciò porta anche ad una scelta ben orientata in termini finanziari: il Green Data Center consentirà un risparmio operativo pari a 30 milioni di euro annui, il che implica un rientro in circa 3 anni dell’investimento di 100 milioni stanziato. La logica della sostenibilità ha dunque importanti ripercussioni anche a livello di bilancio.
Il datacenter è composto da 6 torrette, due delle quali denominate “High Performance Computing Room”. La forza di calcolo è tutta insita nelle sale server riposte nel cuore delle singole torrette (quattro delle quali attive, mentre le restanti due saranno attivate soltanto in futuro): 7000 sistemi, più di 60.000 core CPU ed un assorbimento energetico capace di arrivare a 30MW. Spiega ENI: «il sistema è basato su un’architettura di tipo cluster costituita da 1500 nodi di calcolo dotati di microprocessori di ultima generazione potenziati dall’aggiunta di 1300 acceleratori grafici denominati General Purpose Graphics Processing Unit (GPGPU). All’interno del cluster i nodi di calcolo sono collegati tra loro da una rete di interconnessione ad altissime prestazioni». Chip derivati dall’industria videoludica si metteranno dunque al servizio del cuore tecnologico del datacenter, la cui memoria è pari a 5 Petabyte ad accesso parallelo.
ENI con il nuovo supercalcolatore disporrà di una capacità di calcolo superiore a 3 Petaflop, capacità che verrà costantemente mantenuta allo stato dell’arte grazie a un piano che prevede la sostituzione annuale di metà dei nodi per allinearsi al ciclo di rinnovamento delle tecnologie di calcolo ad alte prestazioni.
L’intero progetto è stato portato avanti all’insegna dell’open source: il materiale derivante sarà a disposizione di centri universitari, i quali potranno quindi costruirvi su ulteriori sviluppi disponibili per il sapere comune. In Italia saranno coinvolti in questa iniziativa Politecnico di Milano, Milano Bicocca e le università di Bologna e Firenze.
Per arrivare alla conversione dei sistemi antecedenti, il processo è stato lungo: ENI ha messo in piedi un mini-datacenter di prova sul quale sono state traslocate le applicazioni principali (ridotte in numero rispetto a quelle originali per facilitare il processo) e dopo 18 mesi di operatività si arriva oggi al trasferimento completo sui sistemi del Green Data Center reale. Un social network aziendale ad hoc (“Moka”) ha coadiuvato i lavori all’interno del team ed ora la scelta di rifiutare l’outsourcing di una attività “core” per il gruppo inizierà a raccogliere i propri frutti.