Nessun accordo, nessuno scambio di dati, nessuna violazione della privacy dei cittadini. Stando alle parole del presidente del Consiglio, Enrico Letta, stamattina alla Camera, il Datagate ci riguarda come paese europeo, amico degli Usa, all’interno di rapporti che vanno riequilibrati, ma l’intelligence italiana, oltre a non aver mai accettato di partecipare a programmi come Tempora, non ha mai sentito parlare di PRISM.
Il ruolo italiano nel complesso dedalo del Datagate è sempre parso, fin da subito, molto marginale. D’altra parte, alle debolezza storica del Belpaese nella diplomazia mondiale bisogna aggiungere la segretezza di questi sistemi di intercettazioni, e la delicata questione del trattamento dei big data catturati fuori dai confini nazionali tramite diretti interventi sui cavi:
Un diverso programma da Prism, Tempora, sarebbe usato per accedere alle comunicazioni internazionali, veicolate su cavi sottomarini in fibra ottica dal britannico Government Communications Headquarters, che secondo The Guardian avrebbe sviluppato cinque anni fa un programma di intercettazioni, di intesa con i servizi di alcuni Paesi europei. L’Italia non vi ha preso parte perché i suoi organismi non sono stati disponibili ad andare al di là di quanto previsto dall’ordinamento interno italiano.
Desidero innanzitutto dire che, ad oggi, in base all’analisi della nostra intelligence e dei contatti internazionali, non risultano compromissioni della sicurezza delle comunicazioni, né dei vertici di Governo, né delle nostre ambasciate, né risulta che la privacy dei cittadini italiani sia stata violata da organismi informativi nazionali o in collaborazione con i servizi di intelligence stranieri.
L’intervento di Letta all’informativa urgente calendarizzata alla Camera dei deputati, tuttavia, dopo un riassunto del caso Snowden-Datagate abbastanza standard (vivacizzato da un surreale quanto costante disturbo da cellulare che stonava con le ampie assicurazioni sulle intercettazioni), è interessante per alcuni passaggi nei quali prospetta anche il redesign dei rapporti tra privacy, sicurezza nazionale e legislazione europea:
A poche settimane dall’insediamento del Governo, nell’emanare la direttiva con cui vengono annualmente indicati ai servizi gli obiettivi della loro attività di ricerca, ho collocato la minaccia cibernetica in cima all’elenco delle priorità. Gli organismi di informazione per la sicurezza stanno ora lavorando in tre direzioni: l’intensificazione della collaborazione internazionale, sia multilaterale che bilaterale; il raccordo con le amministrazioni pubbliche e lo scambio di informazioni con i privati. (…) Volevo, inoltre, richiamare l’attenzione della Camera sul protocollo di intenti siglato la settimana scorsa, molto importante, firmato dal Garante per la protezione dei dati personali insieme ai nostri servizi, che realizza una preziosa collaborazione istituzionale tra controllore e controllati.
Coinvolto il Garante della privacy
Il modello che l’Italia sta adottando si riferisce a un protocollo di recente adozione nel quale l’autorità viene informata dell’accesso agli archivi di dati sensibili da parte di entrambe le agenzie, comprese le acquisizioni di dati da operatori privati che gestiscono reti pubbliche. Un quadro che Letta ritiene più rigoroso della media europea. Considerando i recenti scandali potrebbe anche avere ragione.
L’Europa, il rapporto con gli Usa
Nel suo intervento non sono mancati anche riferimenti ai paesi che dovrebbero essere amici dell’Italia. A partire dagli Stati Uniti. Quando il segretario di Stato, John Kerry, ha fatto visita al presidente italiano poche settimane fa, a tutti è parso di basso profilo. Così lo descrive il capo del governo:
Il mio interlocutore mi ha confermato la volontà del presidente Obama, oltre che sua personale, di non mettere in opera azioni di sorveglianza generalizzata sulle comunicazioni di istituzioni e cittadini dei Paesi alleati, anche nel quadro della revisione delle priorità e modalità operative dell’intelligence degli Stati Uniti definite dopo l’11 settembre del 2001.
Con Bruxelles, invece, si tratta di lavorare alle nuove regole sul trattamento dati, che la povera Viviane Reding si è vista rimandare al 2015 a causa della resistenza di alcuni paesi. Intanto però ci sono le iniziative aggressive dei paesi fondatori:
Nel Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre è stata presentata un’iniziativa della Francia e della Germania per ottenere colloqui bilaterali con gli Stati Uniti e giungere, entro la fine dell’anno, a un’intesa sulle relazioni reciproche. (…) Il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, da me presieduto, nella riunione del 31 ottobre, ha espresso pieno sostegno alle deliberazioni del Consiglio europeo e alle iniziative conseguenti.
Niente di nuovo
Niente di nuovo sotto il cielo del Datagate. Ormai è chiaro come l’attenzione sia rivolta ai quadri internazionali, e alla volontà dell’amministrazione Obama di rivedere i limiti operativi della sua agenzia di sicurezza. E gli interventi successivi a quello di Letta, tutti piuttosto sbrigativi, sono lì a dimostrarlo.