L’accordo tra Google e l’antitrust europea sembra improvvisamente allontanarsi. La guerra tra il motore e i suoi competitor, infatti, torna ad accendersi quando Joaquin Almunia sperava ormai di aver intrapreso la strada della riappacificazione, soluzione prescelta per evitare di arrivare ad un dibattimento che si preannuncia altrimenti lungo e senza esclusione di colpi.
Secondo i detrattori di Mountain View, semplicemente, la proposta avanzata da Google per porre fine alla questione non solo sarebbero inefficaci, ma andrebbero addirittura a peggiorare la situazione. Con tanto di prove alla mano, l’accusa si è presentata al cospetto della Commissione Europea con un netto rifiuto alle condizioni avanzate dai legali di Google. L’antitrust, di fronte al fronte comune venutosi a creare contro il motore, difficilmente potrà proseguire oltre e con ogni probabilità dovrà affondare la mano con più decisione nella diatriba.
L’accusa a Google era quella di azione anticompetitiva nel momento in cui ordina i risultati sul motore favorendo i propri servizi rispetto a quelli rivali. Cercando una mappa, ad esempio, il risultato sarà quello di Google Maps e non quello di un servizio mappale rivale, anteponendo dunque la proprietà del servizio alla bontà dello stesso. L’esempio di Google Shopping è probabilmente il più calzante e il più delicato, poiché correlato direttamente a vendite e e-commerce, dunque quello più significativo dal punto di vista economico.
Quella che secondo Google è una lecita scelta strategica per ottimizzare il servizio agli utenti, secondo la concorrenza trattasi invece di un irregolare abuso di posizione dominante: sfruttando il proprio dominio nella ricerca online, Google estende tale successo anche ad altri campi limitrofi invadendo il campo a danno di chi vi agisce senza rendite di posizione.
Dopo il primo richiamo dell’UE giunse una prima proposta di soluzione: fu la stessa UE a suo tempo a respingere al mittente la proposta, etichettata subito come inefficace ed inaccettabile. Una volta avanzata la seconda proposta, l’UE ha voluto sentire tutti i concorrenti interessati, nel tentativo di ricevere un feedback sulla nuova formulazione. In questa bozza di accordo, Google proponeva uno spazio dedicato ai concorrenti subito sotto i risultati propri del motore, così da offrire uno spazio di visibilità sulle proprie pagine e consentire a tutti di emergere. La cosa, pur assomigliando in qualche modo a quel che lo “screen choice” ha rappresentato per il caso Internet Explorer, non ha però fatto breccia: la totalità dei detrattori si è detta contraria alla proposta e la sfida è ora a muso duro dopo che la FairSearch ha pubblicato la propria cruda risposta oppositiva.
FaiSearch è un gruppo di aziende che ha coordinato gli sforzi contro la posizione dominante di Google: tra queste ultime compaiono, assieme a molti altri, nomi del calibro di Expedia, TripAdvisor, Oracle e Nokia. Non solo FairSearch ha consegnato all’UE dichiarazioni di sconcerto nei confronti della proposta di Google, ma ha anche depositato una ricerca svolta su 2500 cittadini del Regno Unito, messi alla prova di fronte ad una interfaccia di ricerca disegnata sul modello ipotizzato dalla bozza dei legali del motore. I risultati parlano da soli e sono riassunti dalla FairSearch in 3 punti cardine:
- I link ai servizi Google hanno ricevuto un traffico 40 volte superiore rispetto a quelli concorrenti;
- I link ai servizi concorrenti su interfacce mobile non hanno praticamente ricevuto traffico;
- I click verso i servizi Google sono radicalmente diminuiti negli esempi in cui il trattamento preferenziale è stato rimosso.
Sulla base di quanto emerso dalla ricerca, insomma, le performance dei link sono strettamente dipendenti dal posizionamento degli stessi: un trattamento preferenziale per i servizi di Google significa un rastrellamento continuo ed imponente di traffico dai siti concorrenti ai propri, spostando così in modo decisivo anche l’ago della bilancia dal punto di vista economico. Il punto 3 è essenziale in tal senso: rimuovendo il trattamento preferenziale, la situazione di equilibrio viene ripristinata. Tra le righe è insomma questa la nuova soluzione proposta: un equilibrio vero e totale tra le proposte proprietarie di Google e quelle concorrenti. E la conclusione è invece espressa in modo estremamente chiaro:
I dati dimostrano come Google non abbia alcun interesse nel ripristinare la competitività o nell’offrire ai consumatori i migliori risultati.