Sono giorni spasmodici dalle parti del governo, dell’attività parlamentare, e anche della Rete: l’approvazione del regolamento Agcom e l’ok in commissione alla webtax nel giro di due giorni sono state uno stress notevole per tutto il settore. Eppure anche nel decreto legge di ieri è emerso un altro elemento clamoroso, che non mancherà di far discutere: nel credito di imposta sull’editoria sembra proprio di intuire disposizioni su Google News di marca franco-belga.
Nel lungo comunicato di Palazzo Chigi spicca ovviamente l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ma se si prosegue e si arriva nel variegato campo di misure a sostegno dell’impresa si trova un capitolo del decreto dedicato al contrasto alla crisi del comparto editoriale. Tra i provvedimenti – compresa anche la detrazione sulla spesa per libri di testo cartacei (ebook esclusi, peccato) – si trova al primo punto la seguente dicitura:
Disposizioni di tutela del diritto d’autore quale strumento per la soluzione delle controversie derivanti dall’utilizzo dei contenuti giornalistici da parte dei motori di ricerca o di aggregatori di notizie al fine di contemperare l’esigenza della circolare dell’informazione anche sulle piattaforme digitali con la garanzia del rispetto dei principi in materia di tutela del diritto d’autore.
Si parla di Google News
Finché non si potrà leggere l’intero decreto con attenzione, bisogna affidarsi solo a queste parole, ma è difficile non pensare si tratti proprio di Google News. E quando nello stesso paragrafo si trovano termini come «controversie», «aggregatori», «contemperare le esigenze», vale il principio andreottiano secondo il quale a pensar male ci si azzecca. Che Letta stia pensando a un modello francese?
I cugini d’oltralpe sono stati gli unici, finora, a trovare il modo di ricavare finanziamento dall’attività dell’aggregatore di notizie, mettendo in connessione editori nazionali e azienda californiana. Il caso Google News, però, è bene ricordarlo, scoppiò in Belgio, paese dove si arrivò al muro contro muro prima di un accordo che però ha lasciato molte ferite, economiche e politiche.
La premessa dello scontro tra Mountain View e il Belgio è riconoscibile nelle disposizioni anticipate in questo decreto, tuttavia può darsi che quegli strumenti per la soluzione delle controversie non siano atti ad aprire un altro infausto fronte sul tema copyright in Italia, dopo l’Agcom. Sarebbe davvero troppo.