Secondo i dati forniti ai mercati prima del suo sbarco, Twitter ha più di 200 milioni di utenti attivi mensili. Questo è vero, ma molti di questi twittano senza essere ascoltati. Le statistiche in merito alla long tail di Twitter non sono cambiate, resta un social dove pochi pesano tantissimo.
Stando all’analisi di Jon Bruner, il concetto reso famoso da Chris Anderson calza a pennello per Twitter. Grazie ad alcuni semplici istogrammi, le statistiche di 400 mila account dell’ultimo mese rendono l’idea di come nella parte lunga e sottile della curva stiano molti account con zero follower, mentre nella parte centrale fino alla curva alta, account con poche centinaia di seguaci. Di fatto, tagliando gli account inattivi e facendo una media, avere 61 follower significa essere sopra la media. Tra quelli attivi mensilmente, la media si alza a 117.
Chissà che non sia questa la ragione della particolare consonanza del social con l’ambiente dello show business, basato sulle stesse dinamiche, per le quali poche personalità di spicco esercitano una enorme influenza dai loro salotti televisivi. Insomma, statisticamente parlando, Twitter ha una natura elitaria, come più volte mostrato anche in passato.
Il concetto di popolarità
Questi numeri possono essere diversamente interpretati. Forse dal punto di vista del mercato non sono positivi, ma è pur vero che se bastano poche decine di follower per essere importanti, significa anche che ogni utente può sentirsi spinto a raggiungere questo obiettivo facendo crescere il sito. Il meccanismo di Twitter non è mai cambiato e funziona: gran parte degli utenti seguono più account di quanti account seguano loro. E il concetto di popolarità è bottom-up e non si fa caso alla tremenda sentenza delle statistiche:
In Twitter quasi nessuno è qualcuno.
La densità e i casi strani
Twitter è famoso anche per i casi strani di account che non hanno following ma enorme successo di popolarità, spesso giornalisti o politici: in Italia Beppe Grillo è noto per utilizzare sempre e soltanto re-tweet e mai scambi one-to-one. Entrano in campo anche fenomeni virali, e la questione dei fake account. Resta però, Twitter, un caso interessantissimo di matematica delle relazioni. Intanto, un’altra statistica mostra la natura molto “centrale” di Twitter, anche dal punto di vista linguistico. Mashable ha mostrato le lingue più diffuse sul social. Quella italiana è compresa nella categoria “altri”.