Grazie, signor Snowden. Poche semplici parole di Viviane Reding hanno dato l’endorsement più acclarato della Commissione Europea alla vicenda dell’ex contractor che ha svelato le tecniche di sorveglianza della NSA, durante un hangout con cinque blogger tra i quali l’italiana Arianna Ciccone.
Partecipazione dei cittadini alla costruzione dell’Europa, i big data, la protezione dei dati sensibili, l’anonimato in Rete: nell’#AskReding di ieri il vice presidente della Commissione Europea ha risposto alle domande dei blogger, provenienti da diversi paesi, che non hanno certo sprecato l’occasione e hanno chiesto alla donna che ha in mano il trattato europeo sulla privacy – ancora non approvato e purtroppo in alto mare – tutto quanto incuriosisce e inquieta la blogosfera.
Watch my debate online with bloggers across Europe #EUdeb8 #AskReding http://t.co/Paacam1UYs pic.twitter.com/wZ9gGvNoDo
— Viviane Reding (@VivianeRedingEU) January 7, 2014
Fra tutte le domande, però, spicca quella molto diretta di Arianna Ciccone, invitata dallo staff della Reding grazie all’ottima reputazione del blog valigiablu.it. La Ciccone, che è anche fondatrice del Festival del giornalismo di Perugia che quest’anno sperimenta il crowdfunding, ha posto una questione interessante:
A volte bisogna andare oltre ciò che è realistico. Non chiedo cosa potrebbe accadere, ma quello che dovrebbe accadere, quindi la mia domanda è: perché non concedete asilo a Edward Snowden?
why doesn't europe offer asylum to edward snowden? #askReding
— arianna ciccone (@_arianna) January 7, 2014
La risposta della Reding è stata diplomatica, si è appellata alla norma giuridica secondo la quale, in effetti, l’Europa è un consesso di nazioni, non una nazione singola, quindi non concede visti e asili, ogni nazione ha le sue regole, ma nel parlare di Edward Snowden e del Datagate le parole di ringraziamento hanno certamente un peso:
Quando Snowden è uscito con le sue rivelazioni io ho detto “grazie”, perché le maggiori difficoltà che ho avuto nel mio operato riguardavano il dover convincere la politica internazionale che c’era un grosso problema da risolvere, motivo per cui il consiglio europeo ha speso così tanto tempo su questo tipo di decisioni: il parlamento ha fatto il suo lavoro, il consiglio dei ministri ancora no, e io spero che le rivelazioni di Snowden abbiano aiutato a capire che se vogliamo una Rete forte – e noi la vogliamo – dobbiamo proteggere la privacy dei cittadini.
Un grazie che però non basta
Ovviamente questo «thank you Mr. Snowden» è destinato a diventare virale nella Rete, tuttavia non basta. Il lavoro, ormai quasi al traguardo dei due anni, della Reding e del suo mandato è in scadenza eppure Bruxelles fatica ad approvare il testo sulla regolamentazione continentale della privacy. La questione è complessa e paradossale: sia la Reding che aziende come Google o Facebook vedono favorevolmente la riforma della NSA e delle regole di sorveglianza dei cittadini, quando però si tratta di stabilire regole che, gioco forza, vanno a toccare quelle stesse web company, il discorso cambia e gli interessi delle multinazionali bloccano piuttosto duramente questi propositi legislativi, com’è accaduto anche con la webtax in Italia, pur con le differenze del caso.
I dati dei cittadini sono il tesoro principale sul quale si fonda l’impero dei motori di ricerca e dei social network e in genere dei servizi online, non è facile controbattere il forte esercizio di lobby, legittimo peraltro, presso gli eurodeputati e i singoli stati. Quindi Bruxelles è ancora in una terra di mezzo, dove alla consapevolezza dei problemi della Rete e della protezione dei dati non seguono atti concreti perché non si trova la soluzione ideale.