Sperando non succeda mai più. Basterebbe questa frase, l’esordio di uno dei deputati che hanno partecipato all’audizione presso le commissioni Cultura e Trasporti a Montecitorio di Angelo Cardani e dell’Agcom per rendere il clima di questo incontro, arrivato molto, troppo tempo dopo l’approvazione del regolamento, ma soprattutto con la sensazione che tutto debba essere messo alla prova di tensioni, nazionali ed europee, sulle quali ci sono ancora poche certezze.
L’incontro, durato un’ora e tenutosi ieri, ha visto protagonisti da una parte il presidente Cardani e il consigliere Posteraro, dall’altra alcuni parlamentari che hanno sottoposto le loro curiosità sulle numerose problematiche derivanti dalla delicata materia della tutela della proprietà intellettuale sulle reti di comunicazione elettronica. Il famoso regolamento Agcom che tanto ha fatto (e farà) discutere, e che poche settimane fa era stato protagonista di un monologo, negli stessi luoghi, da parte sempre di Cardani.
La notifica EU, i costi procedurali, le ombre
Soltanto ascoltando con attenzione tutti gli interventi si può avere una buona idea di tutto quanto emerso durante l’audizione. Fatte salve le naturali obiezioni di chi, come Paolo Coppola o Mirella Liuzzi (rispettivamente del PD e del M5S) hanno subito fatto notare l’incongruenza dell’audizione rispetto alla maturazione degli atti, ci sono almeno tre elementi notevoli da evidenziare:
- La notifica europea. Sulla notificazione da Bruxelles si sono spese talmente tante parole da rasentare la leggenda. La ricostruzione di Cardani è palesemente diversa da quelli degli avversari storici di questo provvedimento. Secondo il presidente, dopo la lettera dei primi di dicembre e le osservazioni subito contemplate nella versione definitiva del testo («nella misura del possibile»), la Commissione ha spedito all’Agcom, in data 28 gennaio, una lettera (riservata) nella quale li si informa che la procedura è conclusa e non ci sono altri rilievi.
- Il volume di massa della pirateria. Su questo il presidente Agcom ha esposto numeri che non mancheranno di far discutere. Secondo Cardani, infatti, i principali siti pirata non sono più di venti:
Gli studi che abbiamo affidato ad esperti della materia, dimostrano che il comportamento abituale del sito colpito da un provvedimento è un calo del 95% del traffico, per poi risalire nei mesi successivi a non più del 30%. Per questa ragione pensiamo di contribuire alla sostanziosa riduzione di questi grossi siti pirata, con due risultati: difendere la legalità e di certo non soffocare la libertà.
- Affidamento alla Fondazione Bordoni. L’Agcom non ha risorse tecniche e umane sufficienti per dare corpo al sistema di notice and take down previsto dal regolamento, così ha deciso di affidarsi alla Fondazione Ugo Bordoni. Su questa partnership tecnica nella procedura di contrasto alla pirateria però non è dato di sapere quanto costi, se non che Cardani ritiene sia «un costo assolutamente ragionevole». Affari suoi? Sì e no: l’Agcom si finanzia con i contributi degli operatori, non della collettività, ma la necessaria trasparenza dei suoi interventi rema contro il laissez faire. Ci vorrà informazione anche su questo.
Le domande dei politici
I deputati intervenuti hanno espresso tutti delle domande molto puntuali. Mirella Liuzzi – che ha già chiesto che l’Agcom renda noto il parere Ue sul regolamento, dopo aver chiesto a Bruxelles, e così pubblicarlo sul sito – ha evidenziato i problemi giuridici delle competenze dell’autorità, e mostrato molte perplessità sull’impianto delle procedure rispetto a temi sensibili come i linking a siti pirata.
Paolo Coppola considera invece poco logica e formale la definizione di “opera digitale”, ma Posteraro ha spiegato che l’Agcom non poteva che desumerla dalla vigente legislazione.
Interessante anche l’intervento di Antonio Palmieri, che si è augurato un grande lavoro di rendicontazione dell’autorità sulle sue reali intenzioni e risultati nel colpire le grandi centrali dello spaccio e non finire per colpire i cittadini. Una stretta relazione tra l’attività e il controllo delle commissioni potrebbe essere un buon punto di partenza.
La deputata Sandra Zampa, dal canto suo, ritiene carente la parte del regolamento dedicata all’educazione al consumo corretto di contenuti online.
Ora che succederà?
Agcom:Italian administrative judges will be called to rule on its legitimacy which was already questioned b various stakeholders #copyright
— Fulvio Sarzana (@fulviosarzana) February 6, 2014
Cardani non ha mandato giù le critiche, ferocissime, ricevute in questi mesi e ha latamente fatto intendere di aver conservato alcune prese di posizione «per il futuro» oltre a considerare alcuni critici tutt’altro che trasparenti nella loro opposizione all’Agcom. Convitato di pietra di questa audizione, per dirla chiaramente, è Fulvio Sarzana, e chi come lui sta lavorando al contrasto in tutte le sedi di questo regolamento. Per il giurista, che più volte si è espresso negativamente sull’Agcom e sta preparando il ricorso, non ci sono grandi novità. Nell’audizione forse non si è compreso bene quali sono i punti secondo lui inaccettabili:
Faccio soltanto un esempio: quando Posteraro parla del diritto d’autore come diritto soggettivo, per cui nei casi di violazione massiva si è voluto e potuto assegnare al massimo una procedura abbreviata, dimentica di spiegare bene come l’immediata archiviazione se il segnalante si rivolge all’autorità giudiziaria, spacciata come fatto rassicurante per tutti, è proprio uno degli aspetti più gravi del regolamento. In altri termini, è un testo talmente concentrato sulla possibilità per i detentori di contenuti di ottenere subito la chiusura, lasciando l’onere del ricorso al segnalato, che instaura una disparità di fatto: contrariamente a quanto succede in un processo, accusa e difesa non godono degli stessi diritti nello stesso momento. Si protegge solo il titolare del diritto.
La questione ovviamente non finisce qui, è complessa anche per chi vorrà adottare gli strumenti dell’Agcom (principalmente gli editori, non certo i cittadini comuni), ma in fondo c’è un dato di fatto incontrovertibile: in qualunque momento una legge del Parlamento potrebbe fare del regolamento, se proprio non piace, carta straccia. Quindi, se da un lato è con questo testo che la Rete avrà a che fare, non è destino già scritto, tantomeno dal Garante, che è ente indipendente ma soggetto alla legge, che resti così com’è.