Il giorno è arrivato: il tanto atteso “Haunted Empire: Apple After Steve Jobs”, il libro dedicato a Cupertino e scritto dalla reporter del Wall Street Journal Yukari Iwatani Kane, è finalmente giunto nelle librerie a stelle e strisce. E tra le strategie del gruppo dopo la scomparsa di Steve Jobs e la lotta a una concorrenza sempre più agguerrita, emergono delle insolite curiosità sull’azienda della mela morsicata. Alcune talmente strane da far strabuzzare gli occhi, tanto da rendere Apple un’azienda non poi così rigida come appare all’esterno.
Dalle più svariate sfuriate di Steve Jobs, fino ai nomignoli interni per stanze e progetti, il libro – recensito in anteprima da Business Insider – è un concentrato di leggende e memorabilia su Cupertino. Tanto da riportare anche la marca preferita d’acqua del compianto iCEO: la Glaceau Smartwater.
Si parte con i nomi singolari con cui la dirigenza Apple ha ribattezzato le stanze per i meeting: ad esempio esiste l’ufficio “Between”, semplicemente perché disposto tra “Rock” e “Hard”. Non proprio una denominazione che si vorrebbe leggere sulle porte di un’azienda che si rispetto. Si continua, quindi, con gli sfottò per gli ex-CEO: pare che Jobs odiasse profondamente Gil Amelio, CEO dal 1996 al 1997, tanto da coniare il Gil-O-Meter. Di che si tratta? Di una scala di riferimento, una sorta di termometro, per definire il livello di stupidità di una persona.
Si passa quindi ai device elettronici, dai mesi presi da Steve Jobs per decidere di nominare iPhone 3GS con o senza spazio (“iPhone 3G S”), ai prezzi del primo iPad, inizialmente previsti a 399 e poi aumentati a 499 dollari, perché l’iCEO si è detto convinto il tablet potesse vendere a qualsiasi prezzo. Singolare, però, è un aneddoto relativo al lancio del primo iPod. Pare che Jobs abbia chiesto a un nugolo ristretto di dipendenti di trovare un nome alternativo per il player, tra cui emerse “iMusic” e “iPlay”. Il co-fondatore di Apple ne fu talmente deluso tanto da perdere le staffe:
«Questa è me**a. Rimango con il nome che ho trovato.»
Non solo Steve Jobs, ma anche Tim Cook e Jonathan Ive hanno i loro scheletri nell’armadio. Alla nomina dell’attuale CEO, ad esempio, pare che i suoi genitori ne fossero talmente orgogliosi da presentarsi di loro spontanea iniziativa alla redazione di un quotidiano locale, per rilasciare un’intervista non richiesta. Pare che Apple abbia intercettato l’articolo prima che venisse pubblicato, per mettere a tacere l’accaduto. Non è però tutto: si dice che Cook si sia lanciato in una gaffe all’aeroporto di Heathrow, in quel di Londra, nel tentativo di acquistare dei biscotti. Chiamati per tradizione “digestives” in Inghilterra, Cook ha pensato potessero avere effettivamente degli effetti lassativi. Avrebbe quindi chiesto sorpreso:
«Devo stare attento a questi biscotti?»
Sempre in fatto di aerei, pare che Jonathan Ive abbia richiesto all’azienda un proprio jet privato, contentino che la Mela ha però rifiutato di acquistare. E proprio il designer pare sia stata la persona che ha più sofferto la scomparsa di Jobs, tanto da sentirsi privato del suo “partner intellettuale” dopo la morte. Il più temerario è però Eddy Cue: pur di farsi ascoltare dal compianto iCEO, sembra abbia subito a lungo i colpi inflitti da alcune penne volanti, lanciate dallo stesso Jobs pur di farlo zittire.