Agenda digitale: a che punto siamo e dove andiamo? Questo l’interrogativo del workshop organizzato alla Camera dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano. Andrea Rangone e tutti i partner degli osservatori legati alla School of management hanno condotto una ricerca che ha stimolato i presenti a ragionare su quanto è stato fatto e cosa di dovrà fare. Ospite illustre, in una delle ultime apparizioni in questa veste, Francesco Caio, il commissario all’agenda digitale che lascia al suo successore parecchio da fare. Forse, considerando il pasticcio sul suo decreto di nomina, ancora di più.
Un incontro, quello nella capitale, che ha visto protagonisti nomi spesso citati anche da Webnews, per esempio due dei membri dell’intergruppo parlamentare, Paolo Coppola e Stefano Quintarelli, Ernesto Belisario e molti altri. Tutti interessati e intervenuti a proposito della questione annosa dello stato attuale dell’agenda. Tra tutti gli interventi, però, è stato certamente rilevante quello del commissario stesso, che non ha mancato di citare – se pur indirettamente – il problema dei decreti dal quale è stato clamorosamente interessato e in generale il difficile rapporto tra la burocrazia statale e l’attuazione degli obiettivi di innovazione del paese.
#Caio ammette che i ritardi su #agendadigitale sono veri e oggettivi. Ma il problema è nella "fabbrica dei decreti" scritti da capre (cit.)
— Ernesto Belisario (@diritto2punto0) March 19, 2014
Lo stato dell’agenda
La presentazione del rapporto dell’Osservatorio, intitolato “Italia digitale: tra il dire c’è di mezzo il…” è stata occasione per sottolineare le premesse dei benefici per l’Italia con l’attuazione degli interventi di digitalizzazione non solo della Pubblica Amministrazione, ma anche delle relazioni che coinvolgono imprese e cittadini. L’adozione spinta della fatturazione elettronica verso la PA è in grado di generare risparmi per oltre un miliardo all’anno; la sanità digitale, invece, potrebbe arrivare a 6,5 miliardi. Portare dal 5% al 30% l’utilizzo dell’eProcurement per beni e servizi si traduce in cinque miliardi risparmiati ogni anno. L’evasione fiscale potrebbe ridursi di 15 miliardi all’anno.
#agendadigitale convegno oggi a Roma : Caio: serve continuita' tra la mia gestione e la prossima. pic.twitter.com/GZ1aJxsrEc
— Maurizio Sbogar (@MauSbogar) March 19, 2014
Tuttavia, è anche questione di far ripartire l’agenda, terribilmente in arretrato sui lavori come stabilito oggettivamente anche dal Centro Studi della Camera, che ha aggiornato il bollettino di guerra: su 55 adempimenti previsti attraverso vari decreti emanati nel 2012 e nel 2013, soltanto 17 sono stati adottati e ben 21 sono già scaduti e andranno ri-decretati. Una situazione per la quale si è stabilito, durante il workshop, che la politica non ha ancora considerato l’agenda una priorità e che, visto la difficoltà a fare leggi, sarebbe meglio prima applicare tutte quelle esistenti invece di accumulare ritardi inevitabili. Tutto giusto, come d’altronde ha sottolineato lo stesso Caio che si è augurato «continuità nell’azione svolta dalla missione sull’agenda». La missione, però, è valida?
La discussione attorno alla nomina: gli atti sono validi oppure no?
L’inghippo burocratico scoperto da Webnews, che mostra come il governo Letta si sia scordato di pubblicare in Gazzetta Ufficiale il decreto di nomina di Francesco Caio, sta alimentando un dibattito nient’affatto banale sulla validità degli atti fin qui deliberati. C’è infatti il problema sollevato da Benedetto Ponti, uno dei padri del decreto 33 sulla Trasparenza. In un thread nato spontaneamente su Facebook, dove Roberto Scano si è chiesto se sia valido un Decreto del Presidente del Consiglio anche quando non pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il giurista ha espresso tutte le sue perplessità:
Il decreto 33 (art. 15) prevede che gli incarichi dirigenziali, di consulenza e collaborazione per essere efficaci devono essere pubblicati sul sito. Ma lo stesso decreto 33 (art. 49, comma 2) prevede che (sempre con dpcm) sia possibile fissare regole applicative del 33, derogatorie.
Quindi, può essere che la mancata pubblicazione non pregiudichi l’efficacia dell’atto di nomina. (…) In ogni caso, è vero che è disciplinata sempre in termini derogatori, anche riguardo alla trasparenza, il che è paradossale. L’ambito di applicazione del decreto si applica anche alla Presidenza del Consiglio, quindi secondo me se il decreto non viene pubblicato, non è efficace. (…) Qui parliamo di una fattispecie particolare (incarico) che pare contemplata dal decreto 33 e che pare applicarsi anche alla PCM.
Non stiamo dicendo che tutti i dpcm devono essere pubblicati, ma che il 33 (che si applica anche alla PCM) prevede la pubblicazione obbligatoria degli atti che conferiscono incarichi.
L’assenza di pubblicazione del decreto, quindi, pone un interrogativo inquietante: gli atti firmati da Caio sono efficaci? Oppure avranno bisogno della convalida di una nuova persona incaricata da Matteo Renzi? Durante il suo lavoro (ricordiamo: non retribuito) Caio ha avuto accesso a dati sensibili, ha intrapeso azioni, ha collaborato con una struttura di missione. La quale, secondo l’articolo 4 del Decreto che l’ha creata, «termina alla scadenza del mandato del Governo in carica». Insomma, non solo è in discussione l’efficacia degli atti di Caio, ma anche la permanenza della struttura e la validità del suo lavoro, che poggia sulla nomina non-decretata di Caio medesimo.
A Luglio vertice europeo su Agenda digitale a Venezia
Intanto, però, Matteo Renzi mostra di aver compreso la necessità di accelerare sul tema dell’agenda digitale, e durante il suo intervento in Parlamento sulla riunione EU ha annunciato che in luglio, a Venezia, si terrà l’assemblea sull’Agenda Digitale Europea. Un’occasione importantissima per rilanciarsi, come paese, durante il semestre di conduzione, e così magari ritrovarsi nell’elenco dei Digital Champion europei. Dove tristemente manca un nome italiano.