Indignata. Così si è detta Neelie Kroes alla notizia che Uber, la nota applicazione per il noleggio di auto con conducente, era stata vietata in Belgio. Proprio non va giù al commissario per l’agenda digitale europea questa decisione, ma il ministro dei trasporti, l’altrettanto ferrea Brigitte Grouwels, ha difeso le motivazioni del divieto mostrando di condividere le critiche alla controversa società globale della nuova mobilità. Non si era mai visto uno scontro a questo livello sulla questione Uber.
Difesa dei diritti dei lavoratori, in questo caso i tassisti, oppure di un cartello? Uber fa innovazione o guerra al ribasso? Evidentemente le posizioni tra la Kroes e la corte belga – particolarmente indigeste, visto che è il paese che ospita proprio il governo europeo – sono al momento inconciliabili. Il commissario ha addirittura, qualche giorno fa, pubblicato un appello in favore di Uber e contro la decisione della corte belga, invitando tutti a fare pressioni perché il paese non vieti questa applicazione, una delle startup di maggior successo al mondo.
Nessuno sta dicendo che i conducenti Uber non devono pagare le tasse, rispettare le regole e tutelare i consumatori. Ma il divieto non dà loro la possibilità di fare la cosa giusta! Se le autorità di Bruxelles hanno un problema con Uber devono trovare un modo per aiutarli a conformarsi agli standard invece di vietare loro l’accesso. (…) Ho incontrato i fondatori e gli investitori di Uber. Il mio staff ha utilizzato il servizio in tutto il mondo per avere sicurezza e risparmiare denaro dei contribuenti. Uber è al 100% il benvenuto a Bruxelles e altrove, per quanto mi riguarda.
If you're angry at idea that #Uber is banned from serving a city – send your message to @BGrouwels – the Minister who supports it #Brussels
— Neelie Kroes (@NeelieKroesEU) April 15, 2014
@jcvangent @NeelieKroesEU Thank you!
— Uber Brussels (@Uber_BE) April 16, 2014
La risposta del ministro dei trasporti
Il giorno successivo è arrivata la (lunga) risposta del «ministro della immobilità» (come l’ha definita con dileggio la Kroes), Brigitte Grouwels, che sulla sua pagina Facebook ha elencato le ragioni della sentenza, confermando le critiche all’attività di Uber in Belgio.
@marcelsel Vous avez raison – ici vous trouverez quelques pensées en français dans le cadre d'#Uber #SafetyFirst https://t.co/kDR3LRXwSf
— Brigitte Grouwels (@BGrouwels) April 16, 2014
Innanzitutto la corte di Bruxelles ha vietato a Uber di proseguire le sue attività nella loro forma attuale. Questa sentenza segue una denuncia presentata da una società privata. Il rispetto del giudice non esclude l’istituzione di una mobilità intelligente, basata sulle norme del nostro paese: un livello minimo di qualità, il possesso di una licenza, il pagamento dei contributi previdenziali, la sottoscrizione di un’assicurazione adeguata. Vogliamo evitare una “corsa al ribasso”. Noi diciamo no alla totale assenza di regolamentazione. L’assicurazione semplice non è sufficiente a fornire il trasporto a pagamento di persone. Negli Stati Uniti è successo un problema serio a seguito di un incidente mortale che ha coinvolto un’auto Uber. Le applicazioni offrono opportunità uniche che possiamo utilizzare anche per l’industria dei taxi, non contro di loro.
Il caos Uber in Italia
Il problema belga, esploso in casa dell’Europa che si dice innovativa, non poteva essere più imbarazzante, ma in realtà Uber rappresenta un elemento molto dirompente in gran parte di paesi europei, ancora legati ai vecchi sistemi di trasporto privato con licenza. Anche in Italia, in particolare a Milano (ma anche a Roma), sta accadendo una cosa simile, con la differenza – non da poco – che secondo lo stile italico regna la più totale confusione e sembra che nessuno si prenda la briga di stabilire chi ha ragione e chi ha torto. In questo senso, in Belgio, comunque la si pensi, almeno si è riflettuto e si è presa una via legale, eventualmente impugnabile.