Esattamente un anno fa, il Guardian e il Washington Post pubblicarono i primi report su PRISM, il programma di sorveglianza elettronica che consente alla NSA di intercettare qualsiasi comunicazione su Internet. Il governo degli Stati Uniti non si limita a chiedere alle varie aziende i dati degli utenti, mediante un mandato del giudice, ma intercetta anche le informazioni in transito tra i data center. Sebbene siano stati effettuati alcuni cambiamenti positivi, Microsoft ritiene che la riforma sia ancora incompleta.
Le persone vogliono avere la certezza che i propri dati siano al sicuro. Nessuno userà mai una tecnologia che non offre la necessaria garanzia di riservatezza. Questo aspetto è sempre più importante, in quanto tutti i servizi sono basati sul cloud, ovvero su una “nuvola” di server collegati tra loro e dislocati in varie parti del mondo. Microsoft chiede quindi al governo statunitense di non intercettare più le comunicazioni tra i data center. Finora non è arrivata nessuna rassicurazione sulla questione. L’azienda sostiene inoltre che gli Stati Uniti non dovrebbero obbligarla a rivelare informazioni su utenti stranieri, memorizzate su server situati al di fuori del paese.
La riforma del sistema di sorveglianza dovrebbe eliminare la possibilità di collezionare i dati delle conversazioni telefoniche. Devono cambiare anche le modalità con cui si svolge un’indagine sulla base del FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act). Oggi non è previsto il contraddittorio, quindi il giudice emette la sentenza dopo aver ascoltato solo una delle due parti coinvolte nel procedimento legale.
L’ultimo punto riguarda la trasparenza. I cittadini devono conoscere più dettagli sulle richieste delle forze di polizia. Per trovare il giusto equilibrio tra privacy e sicurezza, Microsoft vuole sviluppare una normativa internazionale con la collaborazione dei governi e delle aziende. Solo così verrà ripristinata la fiducia degli utenti Internet.