Il Test di Turing non è più tabù: un computer di progettazione russa denominato “Eugene Goostman“, infatti, ha superato l’iconico esame per la prima volta, arrivando laddove nessun altro era finora mai arrivato. Il Test di Turing è tra i più noti e controversi, poiché parte da un quesito di difficile interpretazione (una macchina è in grado di pensare?), affronta un metodo difficile da comprovare (come si può valutare la capacità di pensare?) e tutto ciò attraverso sistemi di valutazione non omogenei e privi di punti di riferimento assoluti. Tuttavia il terreno è insidioso e il Test di Turing è da sempre un punto fermo, che “Eugene Goostman” ha superato scrivendo il proprio nome nella storia dell’evoluzione del rapporto tra uomo e macchina.
Eugene Goostman è un “supercomputer” (così è stato definito dall’Università di Reading, ma in realtà si configura come semplice chatbot) sviluppato a San Pietroburgo da Vladimir Veselov e pensato per presentarsi come un ragazzo tredicenne proveniente dall’Ucraina. Per superare il Test di Turing, il computer deve essere in grado di interloquire con una serie di persone per almeno 5 minuti al termine dei quali almeno il 30% dei tester deve essere convinto di aver discusso con una persona in carne e ossa. Così è stato: al termine del test il 33% dei tester non ha saputo distinguere il computer da un ragazzo qualsiasi e il test è da considerarsi pertanto superato.
L’Università di Reading tiene a sottolineare il valore dell’esperimento: «Qualcuno dirà che il test è già stato superato in passato. Il Test di Turing è stato applicato in competizioni similari in tutto il mondo. Tuttavia questo evento ha coinvolto il maggior numero di test di comparazione mai visto, è certificato da enti indipendenti e, soprattutto, le conversazioni sono prive di restrizioni. Siamo quindi orgogliosi di poter dichiarare che il Test di Alan Turing è stato superato per la prima volta». La Turing Test 2014 Competition è stata organizzata dall’Università di Reading presso la Royal Society a Londra.
Tutto ciò avviene a 60 anni dalla morte di Turing (al termine di una grave sofferenza legata all’omosessualità del grande matematico). Il successo tuttavia non risponde ancora alla domanda iniziale: può un computer pensare? Eugene Goostman è stato sviluppato per presentarsi come un tredicenne che vanta di saper tutto, ma che in realtà è costretto a palesare lacune in molti ambiti. L’insicurezza di un adolescente sembra dunque una sorta di astuta maschera per avvicinare quel 30% richiesto dal Test di Turing per poter avallare l’intelligenza della macchina, abbassando le aspettative dell’interlocutore più che elevando le capacità dialogiche del sistema informatico. Il passo avanti è pertanto iconico: sì, il test è superato, ma al tempo stesso il chatbot non fa altro che dimostrare quanto la macchina possa oggi assomigliare all’uomo non per mezzo di vera intelligenza, ma soltanto tramite fedele rappresentazione.
Il fatto che il Test di Turing sia stato superato, paradossalmente, potrebbe dunque raccontare qualcosa di opposto rispetto a quella che fu la premessa del matematico: le macchine stanno sì diventando più intelligenti, ma il desiderio di superare il test le rende più che altro degli abili imitatori, invece di originali simulacri. Il problema è però più che altro nel vizio di forma iniziale: cosa è davvero l’intelligenza, come si manifesta e come la si può misurare? Il Test di Turing non è un punto di arrivo, ma rimane comunque un punto fermo per questo percorso di riflessione e crescita.