Solo per il fatto che sia semplice spiarvi dentro, non significa che debba essere considerato sempre lecito. Si potrebbe riassumere con questo elementare concetto la morale della sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha ristretto gli strumenti di ricerca della polizia a proposito dei cellulari. D’ora in avanti quell’oggetto dovrà essere considerato come una proprietà della persona e ci vorrà sempre un mandato.
La sentenza della corte nasce dalla denuncia di un cittadino fermato dalla polizia della California per una violazione del codice della strada. Il poliziotto che l’aveva arrestato gli aveva estratto il cellulare dai pantaloni ed esaminate le sue chiamate aveva notato la ripetizione di uno stesso numero, associato a una gang. Un esperto di gang di strada, in seguito, al comando di polizia ha prelevato tutte le foto e i contenuti del cellulare fino a stabilire la sua presenza ad una sparatoria avvenuta tempo prima.
Questa vicenda, che a prima vista sembrerebbe normale routine, ha però alimentato un dibattito che si è concluso con la sentenza di ieri, che probabilmente avrà delle conseguenze immediate nelle pratiche di indagini sugli arrestati (rallentandole, è inevitabile), ma quello che conta è che stabilisce un principio molto utile nella sfera decisamente più grande del Datagate, cioè che la ragione per cui non è consentito rovistare nel cellulare di una persona sospettata o anche indiziata o in flagrante di un reato è che il suo cellulare non può essere confuso con i comuni oggetti indossati da una persona e sequestrati.
RILEY, DAVID L. v. CALIFORNIA. Decided 06/25/2014 http://t.co/hSstjFFhBm
— US Supreme Court (@USSupremeCourt) June 25, 2014
Leggere l’opinione della corte è come entrare in una bolla di eccezionale intelligenza e chiarezza su uno dei temi più controversi dell’era delle tecnologie informatiche, la qualità intrinseca del Quarto emendamento rispetto ai problemi contemporanei della sicurezza e della sorveglianza.
I moderni telefoni cellulari moderni non sono solo un’altra convenienza tecnologica. Con tutto quello che contengono e tutto quello che possono rivelare, rappresentano per molti americani tutto il privato della loro vita. Il fatto che la tecnologia ora permetta a un individuo di portare tali informazioni in mano non rende queste informazioni meno degne di tutela. La nostra risposta alla domanda su quel che la polizia deve fare prima di ispezionare un telefono cellulare sequestrato è quindi semplice: ottenere un mandato.
Get a warrant: è così semplice
Lo slogan che Edward Snowden, Julian Assange, i giornalisti, i movimenti e le ong che in questi mesi hanno denunciato la sorveglianza globale, viene fornita da questa sentenza specifica su un caso di arresto: get a warrant. Nessuno può negare l’utilità di una ricerca all’interno di un dispositivo, dentro una conversazione intercettata, ma ci vuole un mandato. Deve esserci un ragionevole sospetto e un pericolo concreto. Ma la sentenza va oltre, citando le altre tecnologie che la polizia locale e federale ha imparato a sfruttare, come le intercettazioni a strascico e persino la cancellazione dei dati da remoto in una determinata area, la “Stingray”, capace di spazzare via il backup dei cellulari. Tutte pratiche che dovranno essere firmate da un giudice. Ci vogliono poche ore, due giorni al massimo per un giudice federale.
La soddisfazione della EFF
Il giudice John Roberts ha in poche pagine evidenziato la sproporzione tra le indagini fisiche e quelle virtuali, paragonandole a una corsa di cavalli rispetto a un viaggio sulla Luna («entrambi portano da un punto A a un punto B, ma poco altro giustifica metterli assieme»), cogliendo il punto centrale del problema della sorveglianza informatica:
La maggior parte delle persone non può portarsi dietro ogni lettera che ha ricevuto negli ultimi mesi, ogni foto scattata, oppure ogni libro o articolo letto; non avrebbero alcun motivo per farlo. E se lo facessero, dovrebbero trascinare dietro con sé un baule tale che si dovrebbe richiedere un mandato di perquisizione.
Hanni Fakhoury, avvocato della Electronic Frontier Foundation, ha confermato che la decisione della corte potrebbe influenzare diversi casi giudiziari pendenti, avrebbe un costo, ma è anche applicabile in altre sedi dove invece ci sarebbe un guadagno per i diritti delle persone:
Si innesca un modo diverso di guardare il Quarto Emendamento. Questa sentenza va a giocare un ruolo molto importante nel dibattito e nelle sfide legali contro la NSA e il monitoraggio dei cellulari. (…) Ottenere una tonnellata di informazioni su una persona è diverso dall’ottenerne solo qualcuna. L’aggregazione conta, penso che sarà valida per i casi legati alla NSA o qualsiasi altro scenario.