“È finita. Non mi sembra vero”. Così commenta Frieda Brioschi, l’ex-presidente di Wikimedia Italia, uscita senza macchia da un lunga avventura processuale, durata cinque anni, iniziata nel luglio 2009 quando Antonio e Giampaolo Angelucci citarono a giudizio Wikimedia Foundation e Wikimedia Italia per alcune voci sulla versione italiana dell’enciclopedia, chiedendo un maxi risarcimento di 10 milioni di euro. Il tribunale ha dato loro torto e gli Angelucci sono stati anche condannati al pagamento delle spese processuali.
La sentenza su Wikimedia Italia fa il paio con quella già avvenuta su Wikimedia Foundation Inc. e stabilisce che l’associazione non fornisce alcun ruolo di rappresentanza legale, limitandosi a fornire «attività a carattere esecutivo e meramente di supporto, risultando affiliata alla Wikimedia Foundation senza assunzione di alcuna gestione diretta e senza attribuzione della proprietà del sito che ospita Wikipedia». In parole povere, il giudice ha stabilito che chiedere alla fondazione italiana che sostiene il progetto Wikipedia di modificare una voce dell’enciclopedia è completamente inutile, perché la richiesta va rivolta al limite alla Fondazione globale. La quale, a sua volta, ha vinto una seconda causa intentata dai legali degli Angelucci riconoscendo che la fondazione ha il semplice ruolo di hosting provider per Wikipedia e quindi non è tenuta a compiere controlli preventivi su quanto pubblicato.
Wikimedia Italia e #Wikipedia hanno vinto la causa con gli Angeluccihttp://t.co/UJZWUstX11 @WikimediaItalia
— Frieda Brioschi (@ubifrieda) July 24, 2014
Una sentenza che farà letteratura
Sul suo blog Frieda Brioschi ha commentato la sentenza raccontando anche alcuni aspetti personali, di chi per cinque anni ha comunque dovuto affrontare una dura battaglia legale:
Ricomincio a respirare: smetterò di svegliarmi nel cuore della notte con quell’idea fissa o a essere preoccupata all’idea di acquistare casa. Nessuno mi ridarà i miei 5 anni di patemi d’animo (e frizzi e lazzi per esorcizzare un po’), ma va bene così. Wikimedia Italia è salva e ha stabilito il punto: l’estraneità alla gestione di Wikipedia.
Raggiunta al telefono, si avverte nella sua voce la gioia e la soddisfazione per la sentenza: cinque anni di tensione, di memorie preparate con lo studio legale (ma nessuna testimonianza, si è trattato di un processo gestito dai rappresentanti delle parti) si fanno sentire. Poi c’è subito spazio per una riflessione da parte di questa ragazza particolarmente apprezzata nel mondo del digitale italiano (tanto che alcuni hanno lanciato spontaneamente la sua candidatura a Digital Champion per l’Italia).
Frieda, in Italia le sentenze non fanno giurisprudenza, però fanno letteratura. Ritieni che sia importante per il futuro?
Credo di sì. L’anno scorso c’è stata la sentenza Previti, che potrebbe ricordare in parte questa degli Angelucci, ma quest’ultima ha dalla sua una grande chiarezza su tutti gli aspetti del progetto Wikipedia. Ne è uscito un testo che illustra molto bene come funziona Wikipedia e cosa fa Wikimedia. Spero quindi possa fare letteratura e suggerisca in futuro i comportamenti da adottare.
Una curiosità: perché i querelanti hanno portato alla sbarra Wikimedia Italia? Non era abbastanza intuitivo che si doveva procedere direttamente sulla Wikimedia Foundation?
Non sono un avvocato, c’è da dire che Wikimedia Italia tiene i rapporti con la stampa, ha una dimensione di visibilità e le voci incriminate erano nella versione italiana dell’enciclopedia. Tuttavia, sì, rigettando la richiesta di risarcimento il giudice mostra di aver colto perfettamente il rapporto Wikipedia-Wikimedia, che non prevede che l’associazione svolga il ruolo di sceriffo dell’enciclopedia; inoltre, approva la logica dell’enciclopedia, tanto che scrive: “Wikipedia offre un servizio basato sulla libertà degli utenti di redigere le varie pagine dell’enciclopedia; è questa libertà che esclude qualsiasi obbligo di garantire l’assenza di contenuti offensivi dei suoi siti e che trova il suo equilibrio nella possibilità che chiunque possa modificarne i contenuti e chiederne la rimozione”.