Secondo una fonte interna citata dal Wall Street Journal, Google avrebbe detto alla Commissione Europea di aver già rimosso decine di migliaia di link dal suo motore di ricerca, accogliendo circa la metà delle richieste. Il diritto all’oblio incuriosisce molto anche oltreoceano, dove la norma non esiste, per capire come il colosso di Mountain View sta cercando di rispondere a questa inedita pressione.
Il nuovo e tutto europeo “diritto di essere dimenticati” concede la possibilità agli utenti dei motori di ricerca – tra i quali quello di Big G riveste un primato assoluto – di chiedere la rimozione di un collegamento verso informazioni sulla propria persona che si ritengono dannose, incomplete, non aggiornate.
Sembra che durante un incontro a Bruxelles, Google abbia spiegato che da fine maggio ad oggi ha ricevuto richieste da 91.000 persone, per un totale di 328 mila Url. Anche se naturalmente non tutte le richieste sono state processate si è già in grado di stabilire qual è la media di richieste accolte: circa la metà.
Google osservata speciale
L’azienda californiana è in questo momento un’osservata speciale. Le altre aziende, come Microsoft, hanno iniziato più tardi e sono interessate a vedere come se la cava, la politica europea e i singoli stati vogliono vedere se il diritto all’oblio funziona, eventualmente per correggerlo (e qualcuno vorrebbe anche renderlo ancora più rigoroso). Certamente le prime statistiche sull’accoglienza di queste richieste lasciano immaginare quali potrebbero essere le conseguenze, l’efficacia, gli effetti indesiderati, come aveva spiegato qualche settimana fa l’avvocato Fulvio Sarzana a Webnews («se Google dovesse mostrare di cancellare gran parte dei link, non ci sarebbe di fatto alcun business per nessuno; se invece adottasse un filtro più severo allora in seconda battuta ci sarebbe il Garante»).
I problemi con le autorità
Secondo il Wsj, questa indiscrezione sui numeri sarebbe stata fatta uscire apposta per ammorbidire le autorità politiche europee, irritate dall’applicazione di Google alla regola che prevede un disclaimer sui siti web oggetto dell’intervento: segnalazione in alcuni casi ha reso possibile identificare la persona che ha effettuato la richiesta, facendo svanire il diritto all’oblio, e permettendo anche la costruzione di siti che raccolgono queste informazioni.
Un tasso del 50% rappresenterebbe, secondo i commentari americani, un compromesso che dovrebbe tranquillizzare tutti: i detrattori del provvedimento, che temono la riduzione delle informazioni in Rete, e i favorevoli, che invece vorrebbero disposizioni ancora più rigide. Google ha spiegato che finora ha respinto il 30% delle richieste, e per un altro 15% ha chiesto maggiori dettagli prima di decidere.
In Francia il record di richieste, in Italia molte meno
Interessante anche vagliare la diversa sensibilità rispetto alla privacy. La fonte anonima catturata da Bruxelles ha svelato che al 18 luglio 2014 Google ha ricevuto 17.500 richieste di rimozione dalla Francia, dalla Germania 16.500 richieste; ci sono paesi con popolazioni simili, come Regno Unito (12.000), Spagna (8.000 richieste) e Italia (soltanto 7.500, cioè diecimila in meno dei francesi) che producono meno richieste di deindicizzazione.