Fin dalle prime ore dello StartupBus è emersa in modo tangibile la sensazione per cui la particolare formula della competizione sia pensata per mettere in risalto non tanto la bontà delle idee (o almeno non in modo diretto ed esclusivo), quanto in prima battuta la capacità degli ideatori. Gli startupper che salgono a bordo del bus sono persone piene di entusiasmo e coraggio, spirito di iniziativa e senso di abnegazione. Alcuni potranno portare avanti le loro idee, altri le dovranno abbandonare in favore di altre, altri ancora dovranno mettere in gioco le proprie capacità al servizio dell’idea che ritengono più promettente.
I team verranno a formarsi in modo pressoché naturale dopo che le conoscenze personali e le prime presentazioni avranno avuto luogo. Ma c’è qualcosa di più profondo nelle dinamiche che lo StartupBus genera ed esalta. La ristrettezza del tempo (appena 72 ore) e dello spazio (oltre venti ragazzi sparsi tra i sedili di un bus) costringerà le squadre ai lavori forzati, mettendo a dura prova qualsivoglia baccello di idea che verrà ad emergere.
Non c’è tempo per screzi, frizioni, rimpianti, discussioni o cos’altro: per vincere bisogna trovare subito i giusti equilibri di squadra, identificare il proprio ruolo ideale e sposare l’idea con le maggiori potenzialità.
Nelle prime presentazioni di fronte al pubblico della Città della Scienza di Napoli, i ragazzi si sono presentati mettendo in ballo tanto la propria storia, quanto il proprio entusiasmo. Ed è stato questo l’imprinting immediato: il senso di squadra e la voglia di vendicare il modo in cui l’immagine dell’Italia (e dei giovani italiani) è stata presa a calci negli ultimi anni. La startup come rivalsa e come opportunità, come motto d’orgoglio e come formazione: lo StartupBus è per molti dei partecipanti una occasione unica per mettersi in gioco, per crescere tramite la sfida, per fare networking e (perché no) sognare di trasformare una propria intuizione in una vera opportunità professionale.
Chi sta cercando un modo per mettersi alla prova; chi crede nelle startup per esaltare il ruolo imprenditoriale delle donne; chi ha capacità di developer pronte ad accettare la sfida; chi ha già in mano altre iniziative, ma intende rilanciare; chi sta cercando di dare un senso alla propria carriera scolastica con iniziative concrete. Il gruppo è eterogeneo, insomma, e l’unico filo rosso che unisce tutti i partecipanti fin dalla prima tappa è il “vinceremo noi” udito più volte in fase di presentazione.
I mantra non nascono per caso. “Vinceremo noi”, come gruppo e come paese, come persone che intendono dimostrare di meritare dal futuro qualcosa di meglio rispetto a quel che sta palesando il presente. L’Italia si presenterà a Vienna con questo spirito, ma lo spirito non basterà: occorre tramutarlo in lavoro e idee, progetti e business model. Solo a quel punto l’entusiasmo avrà motivo d’essere e i “cervelli in viaggio” potranno dimostrare (a Ford prima ed ai Pioneers poi) di poter paventare reali ambizioni.