Taylor Swift lascia Spotify e il popolo dei social network la deride. È questo il rovescio della medaglia di una delle decisioni musicali più insolite dell’anno poiché, a differenza di altri cantautori polemici sull’universo dello streaming, la popstar statunitense è sempre stata reginetta di riproduzioni e incassi. Ancora sconosciute le motivazioni del gesto, ma Spotify ha già provveduto a diramare un comunicato.
16 milioni di riproduzioni nell’ultimo mese, 40 milioni di ascoltatori totali e l’inclusione in ben 19 milioni di playlist personali: sono questi i numeri totalizzati dall’ex cantante country, oggi convertita al pop commerciale, su Spotify. Dei successi che evidentemente a Taylor Swift non devono essere bastati, poiché lo scorso venerdì ha rimosso tutti i suoi album dalla piattaforma, senza preavviso alcuno. Il tutto con un nuovo disco all’attivo, “1989”, che già si prospetta abbia raggiunto un milione di copie nella prima settimana di vendite.
Non è la prima volta che un artista si oppone apertamente allo streaming di Spotify. Esemplare fu la protesta di Thom Yorke, ma anche Adele e Beyoncé si sono dimostrate riluttanti nel rendere disponibile il loro intero catalogo per lo streaming. Il nocciolo della questione sarebbe sempre quello del basso prezzo pagato in royalties per singola riproduzione, un fatto che tende però a penalizzare le band più sconosciute e gli esordienti, non di certo le popstar di successo. Così come è la stessa Spotify a spiegare in una pagina del servizio, non sono solo il numero di ascolti a determinare la tariffa, ma anche la popolarità dell’artista, i guadagni mensili dell’intera piattaforma e molto altro ancora. Di conseguenza, con quelle cifre record, è improbabile che la giovane Taylor ricavasse un gruzzoletto risicato di dollari, seppur vendita fisica e digital delivery garantiscano introiti incomparabilmente più elevati. Il fatto che la cantante abbia scelto di rimanere attiva sul rivale Beats Music, oggi di Apple, lascia però intendere vi siano altre strategie alla base di questa decisione.
Come già annunciato, Spotify si è affrettata a diramare un comunicato sul caso, forse per contenere il rischio emulazione da parte di altri artisti di caratura internazionale:
Amiamo Taylor Swift e i nostri 40 milioni di utenti la amano ancora di più: circa 16 milioni hanno riprodotto le sue canzoni negli ultimi 30 giorni, includendola in 19 milioni di playlist. Speriamo possa cambiare idea e si unisca a noi per costruire una nuova economia musicale che funzioni per tutti. Crediamo che i fan debbano essere in grado di ascoltare musica come e quando vogliono, ma anche che gli artisti abbiano l’assoluto diritto di essere pagati per il loro lavoro e protetti dalla pirateria. Per questo versiamo circa il 70% dei nostri guadagni alla comunità musicale.
Quel che la cantante non si sarebbe attesa è, però, la reazione scomposta dei social network. Anziché dispiacersi per la scomparsa digitale o domandarne l’immediato ritorno, gran parte degli utenti ha preferito deridere la giovane ventiquattrenne. La polemica corre infatti veloce su Twitter, dove sono in molti ad affermare di non sentire la mancanza della popstar dalla piattaforma. E sempre da Twitter parte una sorta di boicottaggio dai fan: in decine sono pronti a non acquistare “1989”, l’ultimo disco, in segno di protesta. In definitiva, quel che Taylor Swift ha salvato in royalties potrebbe averlo perso in immagine.