Un dato scuote il mercato dei motori di ricerca negli Stati Uniti: improvvisamente la quota di mercato di Google è crollata del 4% tra gli utenti degli Stati Uniti, passando in poche settimane dal 79 al 75%. Un crollo simile, misurato in questo caso da StatCounter, non si verificava da tempo e, soprattutto, squarcia un orizzonte piatto da ormai molto tempo: il dominatore Google si è rivelato improvvisamente fragile, senza motivo apparente. Ma un motivo in realtà c’è e sono proprio i dati StatCounter a rivelarlo.
La firma alla debacle di Google di fine 2014 è quella di Firefox. Il browser, infatti, ha spostato il proprio motore di ricerca predefinito da Google a Yahoo sulla base degli accordi siglati dalla Mozilla Foundation con l’azienda di Sunnyvale. Gli utenti che non hanno scelto manualmente il motore usato sul proprio browser, insomma, si sono trovati improvvisamente catapultati sulle SERP di Yahoo, il quale nello stesso periodo ha guadagnato esattamente quel 4% di utenti che Google ha invece perso per strada (avvicinando peraltro in modo sostanziale la quota di mercato occupata da Bing, il motore di ricerca made in Microsoft). La responsabilità di Firefox in questo improvviso cambio appare pertanto evidente ed aiuta anche a comprendere meglio le dinamiche che guidano il mercato dei browser, della ricerca e del search advertising.
L’evidenza è quella di un browser che, sia pur se lontano dai fasti degli anni passati, ha un peso ancora importante: l’accordo che la Mozilla Foundation sigla annualmente vale per il 4% delle ricerche compiute dagli utenti. Questo non solo ben esplica quale sia l’importanza di tali accordi, ma sottolinea altresì quanto importante possa essere per Google la ricerca automatica dal proprio browser Chrome (attualmente ai vertici del comparto assieme ad Internet Explorer).
La realtà dei fatti potrebbe però essere differente dalle semplici apparenze e l’esito del terremoto di fine 2014 andrà pesata attentamente soltanto nel lungo periodo. La quota di mercato è infatti un dato aleatorio che non misura il valore del search advertising determinato. Non è inoltre detto che tutta l’utenza oggi passata da Google a Yahoo in virtù dell’accordo siglato da Mozilla decida di rimanere sul nuovo motore: parte dell’utenza potrebbe imporre le proprie abitudini al browser reimpostando l’opzione di Mountain View come predefinita. Le variabili in ballo sono insomma molte e diranno la loro nei mesi a venire. Rimane però uno scossone che apre un nuovo periodo: Firefox ha spostato gli equilibri e Yahoo tenterà di approfittarne per monetizzare l’investimento compiuto. Google, invece, ha la facoltà di temporeggiare: dalla sua parte c’è ancora il 75% delle ricerche online negli Stati Uniti, con un dominio che al di fuori del nord America si fa ancor più marcato.
Il ruolo di Google non è oggi come oggi in discussione. Per Yahoo e Bing, invece, un 4% in più o in meno può essere determinante.